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Opinioni | Una grande occasione per l’Euro


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L’incertezza sul futuro dell’equilibrio geopolitico mondiale richiama con urgenza l’Europa a riflettere su come raggiungere la sua autonomia strategica sui dossier chiave: transizione energetica, difesa, innovazione e sviluppo dell’infrastruttura finanziaria necessaria a sostenere questi obbiettivi.
Uno dei temi, finora rimasto in retro-linea, ma che acquisterà sempre più importanza, è il rafforzamento del ruolo dell’euro come moneta internazionale e la costruzione di un sistema dei pagamenti europeo che non sia dipendente dall’eco-sistema del dollaro.
Oggi le riserve valutarie globali sono per oltre il 57% in dollari (nel 2000 erano il 70%) mentre quelle in euro sono circa il 20%. Il dollaro è la valuta di fatturazione per le materie prime, costituisce l’88% delle transazioni internazionali e in dollari è denominata la gran parte del debito globale.

Il ruolo centrale che gli Usa hanno avuto nell’economia globale dal dopoguerra per via della loro forza economica e militare e della dimensione, apertura e liquidità del loro mercato finanziario, ha fatto sì che i titoli del Tesoro Usa siano considerati un investimento «sicuro», il safe asset globale. Questa è la ragione per cui gli Stati Uniti beneficiano di un continuo flusso di domanda per i loro titoli di stato, cosa che gli permette di godere di tassi di interesse particolarmente bassi e di finanziare il deficit commerciale senza temere crisi valutarie.




















































Nelle fasi di stress finanziario, gli investitori internazionali spostano gli acquisti verso i titoli di stato Usa permettendo quindi a questo Paese di finanziare a debito misure di sostegno della sua economia senza temere effetti sui tassi. Un «privilegio esorbitante» come l’aveva chiamato il ministro delle finanze francese Valéry Giscard d’Estaing negli Anni ‘60.

Il dominio del dollaro ha creato una complessa dipendenza dagli Stati Uniti che non è più accettabile dalle economie emergenti e, in particolare, dalla Cina
. Tanto più questo è vero oggi, con la nuova politica di Trump. La dipendenza dal dollaro espone i Paesi al pericolo di sanzioni dettate da interessi americani e rende le banche dipendenti dalla liquidità in dollari, liquidità che in casi di stress, come si è visto nel 2008 e nel 2020, è fornita da prestiti speciali dalla Federal reserve alle banche centrali di altri Paesi, ma che, nel contesto di oggi, potrebbero essere usati a scopo strategico.

Anche prima dell’arrivo di Trump, molti Paesi hanno cominciato un percorso di diversificazione dal dollaro. La Cina, per esempio, pur sapendo che la sua valuta non può rivaleggiare con il dollaro perché non ha piena convertibilità e perché il suo mercato finanziario non è sufficientemente liquido, si sta muovendo in varie direzioni. Ha firmato accordi con vari Paesi per regolare pagamenti in Yuan invece che in dollari, sostiene la circolazione dello Yuan usandolo per i prestiti e i contratti legati alla Belt and Road initiative e sta inoltre sviluppando un sistema di pagamenti alternativo a quello basato sull’eco-sistema del dollaro.

Inoltre, la volatilità della politica Usa ha fatto sorgere dubbi sulla stabilità del dollaro agli investitori privati accelerandone lo spostamento da titoli Usa verso altri beni rifugio. Non è una crisi, ma i segnali sono inequivocabili. Ci sono quindi ragioni sia politiche che economiche per attrezzarsi ad affrontare il nuovo contesto. Vero, il punto di arrivo di queste dinamiche in atto non è chiaro. Il dollaro potrebbe continuare a prevalere, ma potremmo invece convergere verso un sistema di pagamenti a blocchi definiti dai confini geopolitici. Tuttavia, anche solo per ragioni difensive, l’Europa deve prepararsi. In parte lo sta facendo, ma gli ostacoli sono molti.

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La Banca centrale europea, per esempio, sta sviluppando la sua moneta digitale (come ha fatto anche la Cina) con lo scopo di acquistare indipendenza da operatori privati del sistema dei pagamenti non europei, come Visa, Mastercard, e Alipay. Se il progetto avesse una maggiore scala, che probabilmente acquisterà nel tempo, la moneta digitale renderebbe l’infrastruttura dei pagamenti più sicura e più efficiente. Ne ha parlato recentemente il membro italiano del consiglio esecutivo della Bce Piero Cipollone. L’estensione del progetto, inoltre, avrebbe l’ulteriore beneficio di rafforzare l’internazionalizzazione dell’euro poiché, offrendo una opzione di pagamenti digitali efficiente, sicura e comunemente accettata, ne incentiverebbe l’uso a livello globale.

Se questo avvenisse, l’Europa potrebbe usufruire dei vantaggi di cui oggi godono gli Stati Uniti: minori costi e rischi per le imprese nel commercio internazionale, tassi di interesse più bassi, accesso più certo ai finanziamenti per imprese e governi soprattutto in periodi di instabilità finanziaria determinati da fattori esterni.L’Europa, nell’aggregato, ha una forza economica paragonabile a quella degli Stati Uniti, istituzioni solide e sistema legale certo, una valuta convertibile. Per questo, in un contesto di crescente sfiducia nei confronti del dollaro, l’euro potrebbe rappresentare un’alternativa.

Ma l’ostacolo principale all’internazionalizzazione dell’euro è la frammentazione del mercato del suo debito sovrano e le resistenze alla creazione di un mercato del debito in euro garantito dalla capacità fiscale congiunta dei Paesi membri. Per competere davvero con il dollaro, l’area dell’euro avrebbe bisogno di strumenti di debito congiunti permanenti e di larga scala, creando un mercato profondo e liquido paragonabile ai titoli del Tesoro statunitensi. Ciò renderebbe l’euro più attraente come bene rifugio per gli investitori globali. Non solo, questa è anche la condizione per lo sviluppo di un mercato comune dei capitali che in principio tutti auspicano, ma il cui ostacolo principale è proprio l’assenza di un mercato del debito in euro.

Abbiamo fatto passi avanti rispetto alla crisi dell’euro di quindici anni fa. La Ue ha emesso 750 miliardi di debito congiunto per affrontare la pandemia, la Bce ha nuovi strumenti per combattere la frammentazione del mercato del debito e l’emissione annunciata di nuovo debito da parte della Germania mette in circolazione titoli di un paese europeo con un alto rating rendendo i mercati finanziari dell’area dell’euro un po’ più liquidi e quindi più attraenti. La domanda è se sia realistico costruire da qui per fare un passo ulteriore.

Come alcuni hanno osservato a Washington negli incontri di aprile convenuti dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale, il nuovo contesto internazionale dovrebbe suggerire di sì perché, se da una parte la fine del multilateralismo incoraggia i negoziati bilaterali tra Paesi e mette quindi l’Europa a rischio di frammentazione politica, dall’altra nessun Paese europeo ha la dimensione sufficiente per uscirne avvantaggiato e questo dovrebbe incentivare una strategia cooperativa dell’Unione.

30 aprile 2025

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