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Evasione, criptovalute e profitto del reato


Evasione fiscale e criptovalute: un focus sui reati di riciclaggio e autoriciclaggio e i chiarimenti della Cassazione sul sequestro del profitto del reato e delle imposte evase

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Un’intera economia offshore muove oggi, sotto banco, miliardi di euro, sia per far uscire dal territorio nazionale i capitali frutto di evasione fiscale, sia per il riciclaggio dei proventi della criminalità organizzata, sia, infine, per il trasferimento delle risorse necessarie al finanziamento della criminalità e perfino del terrorismo.

L’hawala è per esempio un meccanismo che nasce secoli fa nel mondo islamico.

E, tuttavia, ha molti punti in comune con un fenomeno assolutamente moderno: le criptovalute. Entrambi si basano su codici. Entrambi garantiscono l’anonimato. Entrambi favoriscono il flusso dei capitali. Entrambi sono a rischio riciclaggio ed evasione fiscale.

Le cryptocurrencies hanno, in sostanza, tutte le caratteristiche dei paradisi fiscali: i guadagni sono sottratti ai regimi fiscali statali e l’identità dell’operatore finanziario è ben nascosta. In definitiva, un flusso di capitali difficilmente intercettabili.

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Evasione fiscale e criptovalute: i reati di riciclaggio e autoriciclaggio

In un tale contesto, alcune pronunce possono essere di aiuto al fine di individuare il concetto di utilizzo delle criptovalute al fine di reati di riciclaggio ed autoriciclaggio, laddove sussiste il reato di autoriciclaggio nel caso in cui siano state impiegate parte delle somme distratte dalla società in operazioni speculative mediante acquisto di criptovalute.

Tali operazioni sono infatti concretamente idonee ad ostacolare l’individuazione della provenienza illecita del denaro.

In un caso, poi risolto dalla Suprema Corte con sentenza n. 36027 del 23.09.2022, ad esempio, il Tribunale del riesame aveva ricostruito l’intero contesto, evidenziando come, nella sostanza, fosse acclarato:

  • che l’indagata aveva dolosamente condotto la società al fallimento, prima gravandola di ingenti debiti, soprattutto verso l’erario, svuotandola della sua consistenza patrimoniale in favore di altre società di famiglia e infine trasferendola all’estero ed “abbandonandola” nelle mani di un terzo (subentrato nella carica di amministratore), ormai indebitata per circa tre milioni di euro (la società una volta svuotata e cancellata dal registro delle imprese, era stata trasferita all’estero, in Slovacchia, e ceduta, con la nuova denominazione, ad un cittadino ungherese, risultato irreperibile alle ricerche del curatore);
  • che il drenaggio delle risorse era iniziato quando la società era ancora amministrata, anche formalmente, dalla indagata, con la cessione di immobile ad una società di famiglia e col dirottamento all’estero di fondi presenti nei conti correnti italiani della società;
  • che la indagata aveva comunque continuato a svolgere un ruolo attivo nella società fallita anche dopo la sua formale cessione;
  • e, infine, che le somme distratte erano poi in parte confluite proprio sul conto della indagata – e poi dalla medesima investite in criptovalute.

Quanto al reato di autoriciclaggio, commesso mediante impiego, da parte dell’indagata, di parte delle somme distratte dalla società in operazioni speculative, in particolare, come detto, mediante acquisto di criptovalute, si osservava che il Tribunale, con motivazione congrua, aveva ritenuto che tali operazioni fossero concretamente idonee ad ostacolare l’individuazione della provenienza illecita del denaro, ad ulteriore riprova del dolo di trasformazione del denaro per impedirne la identificazione e quindi la provenienza delittuosa.

Operazioni come quelle in esame pongono, in definitiva, un serio ostacolo alla identificazione del beneficiario finale delle transazioni, effettivo titolare delle criptovalute (e del profitto del reato), soprattutto laddove l’operazione di trasferimento venga effettuata servendosi di società estere che effettuano professionalmente il cambio di valuta, inserendo pertanto così nel circuito economico finanziario gli euro di provenienza illecita, poi utilizzati per l’acquisto delle valute virtuali.

E dato che all’attività di cambio della valuta deve essere attribuito carattere finanziario, ne consegue anche che la condotta rientra a tutti gli effetti tra quelle punite dalla norma incriminatrice, rendendo altresì irrilevante verificare quale sia poi stato l’utilizzo delle criptovalute, essendo il reato di autoriciclaggio già integrato dalla preliminare operazione di cambio.

La moneta virtuale non può del resto essere esclusa dall’ambito degli strumenti finanziari e speculativi, ai fini di una corretta lettura dell’art. 648 ter.1 cod. pen. (cfr., Cass., n. 270124 del 13.07.2022), potendo essere ricondotte nell’ambito della dizione di “attività speculativa” (della quale il legislatore, non a caso, non offre rigida definizione) molteplici attività, e, in particolare, tutte quelle in cui il soggetto ricerca il raggiungimento di un utile, anche assumendosi il rischio di considerevoli perdite.

Evasione fiscale e criptovalute: l’ostacolo all’identificazione del beneficiario delle transazioni

Come sottolineato in dottrina, la configurazione del sistema di acquisto di bitcoin si presta del resto ad agevolare condotte illecite, in quanto è possibile garantire un alto grado di anonimato, senza previsione di alcun controllo sulla provenienza del denaro convertito.

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La Corte ha quindi già più volte evidenziato che le operazioni tramite criptovalute pongono un serio ostacolo alla identificazione del beneficiario finale delle transazioni, laddove peraltro, ai fini dell’integrazione del reato di autoriciclaggio, non occorre che l’agente ponga in essere una condotta di impiego, sostituzione o trasferimento del denaro, beni o altre utilità che comporti un “assoluto” impedimento alla identificazione della provenienza delittuosa degli stessi, essendo, al contrario, sufficiente una qualunque attività concretamente idonea anche solo ad ostacolare gli accertamenti sulla loro provenienza (cfr., Cass. n. 16908 del 05/03/2019; Cass. n. 36121 del 24/05/2019; Cass. n. 2868 del 25/01/2022).

Evasione fiscale e criptovalute: i chiarimenti sul profitto del reato

In un tale contesto generale bisogna anche interrogarsi sulla possibilità di sequestro di criptovalute corrispettivo di imposte evase e profitto del reato e se sia possibile attribuire alla valuta virtuale la natura di profitto di un reato tributario.

Le valute virtuali, tra cui bitcoin, sono senz’altro una rappresentazione di valore non emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non necessariamente legata ad una valuta legalmente istituita, prive dello status giuridico di valuta o moneta, ma accettate da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio; in sostanza un asset digitale non assimilabile alla valuta corrente di uno Stato e peraltro soggetto a continue fluttuazioni.

Quanto al concetto di moneta virtuale, la definizione che ne dà il legislatore italiano si rinviene nell’art. 1 del d.lgs. 231/2007, come modificato dal D.Lgs. 4 ottobre 2019, n. 125, dove la moneta virtuale viene definita (lett. qq)

“la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.

Definizione che aggiunge espressamente, rispetto a quella del legislatore comunitario, la finalità di investimento.

Il concetto che sembra prevalere è dunque quello per cui il sequestro e il profitto in tali casi sequestrabile non è limitato al valore dell’imposta evasa, ma a tutto ciò che, anche grazie all’investimento in criptovalute, quella imposta evasa ha poi fruttato.

Le monete virtuali vengano del resto utilizzate come strumenti di investimento finanziario, essendo la relativa negoziazione soggetta al rispetto delle norme in materia di intermediazione finanziaria, ivi compresa la necessaria abilitazione del soggetto intermediario (cfr., Cass. n. 26807 del 17/09/2020).

 

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