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ecco come superare il paradosso della responsabilità estesa del produttore (EPR)


I sistemi europei di responsabilità estesa del produttore (EPR) hanno permesso di rendere più sostenibile il fine vita di alcuni beni, dagli imballaggi alle batterie, ma “non riescono a garantire circolarità e autonomia strategica”, afferma Zero Waste Europe (ZWE): non vanno cioè oltre la gestione dei rifiuti. Per questo vanno riformati per dare loro un respiro strategico che vada oltre i rifiuti e garantisca una più piena circolarità. Questo tema – al quale anche EconomiaCircolare.com ha dedicato uno speciale: “EPR, oltre la gestione dei rifiuti” – è al centro dello studio “Designing EPR to Foster the EU’s Competitiveness and Strategic Autonomy” pubblicato da di ZWE: dopo aver analizzato 30 anni di attuazione di diversi sistemi EPR propone un “quadro completo” per trasformare questi strumenti regolatori in “catalizzatori della transizione verso l’economia circolare”, per farne “un fattore abilitante a raggiungere gli obiettivi industriali, economici e ambientali dell’UE”.

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Paradosso EPR: i limiti del sistema

Lo studio identifica quello che definiamo il “paradosso EPR”, che si verifica quando “i sistemi progettati per gestire i rifiuti diventano barriere istituzionali alla prevenzione dei rifiuti”. Quando i sistemi EPR ottimizzano la gestione dei rifiuti “senza affrontarne la produzione, creano potenti interessi economici e politici investiti nel mantenimento dello status quo lineare piuttosto che nella transizione verso modelli più circolari”, afferma ZWE.

Che indica i “limiti significativi” di questi sistemi:

  1. Impatto limitato sulla prevenzione dei rifiuti. ZWE osserva che nonostante i sistemi EPR la produzione di rifiuti nei settori interessati “è aumentata anziché diminuire”. Ad esempio, i rifiuti di imballaggio sono cresciuti di 20% pro capite negli ultimi 20 anni;
  2. Impatto limitato sull’ecodesign. Siccome le tariffe EPR rappresentano solo una frazione dei costi del prodotto (in genere meno del 2%, a volte anche solo lo 0,1%, si legge nella ricerca), “raramente forniscono sufficienti incentivi economici che spingono i produttori a modificare la progettazione dei prodotti”;
  3. Penalizzazione del riutilizzo e della riparazione. L’implementazione di sistemi EPR “ha coinciso con un calo significativo dei sistemi di riutilizzo e delle infrastrutture di riparazione”. La quota di imballaggi per bevande ricaricabili è crollata in tutta l’UE, osserva ZWE. Anche se “questa correlazione non implica necessariamente una causalità”;
  4. Prestazioni di raccolta variabili. Non esiste omogeneità nei risultato dei diversi sistemi di responsabilità estesa: i tassi di raccolta variano in modo significativo tra i diversi flussi di rifiuti e materiali. Mentre alcuni settori, come i pneumatici, raggiungono il 95%, altri, come le batterie o i rifiuti di plastica non raggiungono il 50%;
  5. Dubbi sulla copertura dei costi. Il rapporto ricorda come siano in corso “controversie tra i produttori e le autorità locali per stabilire se le tariffe EPR coprano adeguatamente tutti i costi di raccolta e gestione dei rifiuti”;
  6. Mancanza di trasparenza delle Organizzazioni di Responsabilità dei Produttori (PRO). Alcune PRO, quelli che in Italia chiamiamo di Consorzi, “non hanno un monitoraggio e una supervisione adeguati”, secondo ZWE;
  7. Free-riding. Alcuni produttori/importatori, ad esempio quelli che lavorano con piattaforme digitali, immettono prodotti nel mercato dell’UE senza pagare le tasse EPR, “causando uno svantaggio comparativo a coloro che lo fanno”;
  8. Frammentazione nel mercato unico dell’UE. L’EPR è spesso imposto a livello europeo con lo strumento della direttiva (come nel recente caso dei prodotti tessili) e viene quindi sviluppato a livello nazionale. Di conseguenza, “le aziende devono confrontarsi con 27 norme diverse” e non riescono a sfruttare i vantaggi di un’applicazione più ampia.

 

Fonte: ZWE

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Aggiornare la missione dell’EPR

Da quando l’EPR è stato immaginato e implementato per la prima volta “il contesto globale è cambiato radicalmente”, riflette ZWE: “Le recenti interruzioni della catena di approvvigionamento, le preoccupazioni sulla sicurezza energetica e la crescente domanda di materie prime critiche per l’elettrificazione e le tecnologie digitali hanno evidenziato la vulnerabilità delle risorse dell’UE”. Se 30 anni fa vedevamo questi strumenti come la soluzione al problema rifiuti, oggi possiamo considerarli a pieno titolo “come strumento strategico per la sicurezza delle risorse”. Ecco perché è importante aggiornare l’EPR, che deve “evolvere da meccanismo di finanziamento della gestione dei rifiuti a catalizzatore di un cambiamento sistemico verso l’efficienza delle risorse e la circolarità che sostiene la competitività e l’autonomia strategica dell’UE”.

Per farlo, Zero Waste Europe ha definito un piano basato su due pilastri necessari “per sbloccare il pieno potenziale degli EPR”.

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Pilastro uno: ottimizzazione del sistema

Il primo pilastro si concentra sull’ottimizzazione del sistema, chiedendo regole armonizzate tra gli Stati membri, maggiore trasparenza, la creazione di un registro centrale dei produttori e l’istituzione di un organismo europeo di supervisione degli EPR per ridurre gli oneri amministrativi, contrastare il parassitismo e sostenere un mercato unico funzionante per la responsabilità del produttore.

Due le principali soluzioni indicate:

  • Principi armonizzati: la standardizzazione delle definizioni, delle metodologie di calcolo, dei requisiti di rendicontazione e dei meccanismi di applicazione in tutta l’UE semplificherebbe l’attuazione e ridurrebbe gli oneri amministrativi;
  • Organismo europeo di consulenza e monitoraggio. ZWE progetta la creare di un organismo dedicato che possa ridurre gli oneri amministrativi attraverso la registrazione centralizzata e la rendicontazione armonizzata; favorire la conformità attraverso la supervisione e il coordinamento con le autorità doganali; fornire supporto politico e consultivo; formare i funzionari pubblici; sostenere la creazione di nuove PRO; promuovere la circolarità attraverso indicatori di performance e monitoraggio.

Ma visto che nonostante l’applicazione di queste misure di ottimizzazione “il rischio di innescare il paradosso dell’EPR e di bloccare il sistema in un processo di gestione efficiente dei rifiuti” si potrebbe comunque verificare, è essenziale, afferma lo studio, applicare simultaneamente le misure incluse nel pilastro due.

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Fonte: ZWE

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Pilastro due: da copertura dei costi a strumento di economia circolare

Il secondo pilastro immaginato da ZWE “posiziona l’EPR come fattore abilitante dell’economia circolare, sostenendo che le tariffe EPR devono andare oltre la copertura dei costi per finanziare attivamente la prevenzione, il riutilizzo e la riparazione dei rifiuti, attraverso fondi dedicati alla riparazione, infrastrutture di riutilizzo e misure politiche di sostegno”. L’EPR dovrà cioè passare “dalla gestione dei rifiuti alla massimizzazione della produttività dei materiali e alla riduzione della dipendenza dalle importazioni di materiali vergini”.

Per farlo ZWE suggerisce una serie misure.

La prima è l’espansione dell’EPR per finanziare la prevenzione, il riutilizzo e la riparazione. Gli strumenti per farlo possono essere:

  • La creazione di fondi per la riparazione e il riutilizzo finanziati dall’EPR;
  • Sviluppo di una doppia struttura tariffaria: una componente per i costi di gestione dei rifiuti (stabilita a livello nazionale) e un’altra per la transizione all’economia circolare (armonizzata a livello UE);
  • Progettare schemi EPR per gli imballaggi che finanzino sia le infrastrutture per la gestione del monouso che quelle di riutilizzo;
  • Superare le attuali limitazioni alla copertura dei costi previste dalla legislazione europea (Direttiva Quadro sui Rifiuti [WFD] e legislazione settoriale) per generare fondi aggiuntivi e creare un reale incentivo al cambiamento della progettazione;

 

Il secondo pacchetto di misure prevede:

Obiettivi di riduzione dell’uso di materiali/risorse allineato agli obiettivi climatici, da sostenere con adeguati incentivi finanziari per limitare l’uso di materiali primari;

Obiettivi di prevenzione dei rifiuti per singoli prodotti e flussi di rifiuti (come nel nuovo regolamento imballaggi);

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Divieti strategici per materiali o prodotti non riciclabili o altamente problematici;

– Tasse e imposte per influenzare il comportamento dei consumatori e dei produttori;

Sovvenzioni e agevolazioni fiscali per le alternative circolari.

 

Il terzo pacchetto è finalizzato a collegare i sistemi EPR a livello globale, visto che i mercati sono globali (sia quelli delle materie che quelli dei beni e dei rifiuti). ZWE chiede di:

-Sviluppare meccanismi di tariffazione EPR transfrontalieri per sostenere la gestione dei rifiuti al di fuori dell’UE “senza esportare le sfide dell’UE in materia di rifiuti in altri Paesi”;

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– Creare quadri EPR globali per garantire il corretto trattamento dei rifiuti oltre i confini dei singoli Stati;

– Sfruttare l’EPR per “creare condizioni di parità a livello globale che potrebbero consentire all’UE di diventare un importatore piuttosto che un esportatore di rifiuti” (soprattutto di materie prime critiche).

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