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80 anni dopo: l’Europa nel disordine globale


Nell’80° anniversario dalla fine della Seconda guerra mondiale, l’Europa è alle prese con sfide esistenziali e il disfacimento dell’ordine globale in vigore dal 1945. La guerra in Ucraina ha riportato sul suo suolo la minaccia di conflitti che si credevano segregati al passato, mentre i populismi indeboliscono il progetto di integrazione che ha garantito pace e stabilità all’Europa dal secondo dopoguerra. Intorno al Vecchio continente, altri pilastri vacillano: il partenariato transatlantico, architrave del progresso europeo, subisce i colpi inferti dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Gli Stati Uniti sembrano aver sacrificato sull’altare dell’America First i valori condivisi di libertà, democrazia e libero commercio. L’erosione dell’alleanza è conseguenza del sabotaggio americano dell’ordine internazionale, di cui il caos economico innescato dalla guerra dei dazi è solo l’esempio più clamoroso. Riconoscendo quanto sia profondamente cambiato il contesto di sicurezza, con gli Stati Uniti che si ritirano dal loro ruolo guida adottando una linea protezionista e ostile, l’Europa sta aumentando radicalmente la spesa per la difesa. È un iniziale, incerto, tentativo di riaffermare la propria sovranità in un mondo segnato dal caos e dell’incertezza. Come osserva oggi Sylvie Kaufman su Le Monde: “Ottant’anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, l’unica evidenza è che l’ordine internazionale che le è succeduto è crollato, e che quello destinato a sostituirlo deve ancora essere costruito”.

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Usa: da alleati ad agenti del caos?

A più di 100 giorni dal suo ritorno nello Studio Ovale, la maggior parte dei governi europei ha ormai compreso la portata dell’uragano Trump sull’alleanza transatlantica. Ma se la consapevolezza della deriva americana cresce, le reazioni variano. Nella parte occidentale del continente, c’è chi tenta di organizzare una resistenza al caos: come il tandem franco-tedesco, supportato dalla Polonia, ha vissuto un brivido questa settimana quando a Berlino Friedrich Merz non è passato alla prima votazione e ha dovuto attendere la seconda per essere insignito del ruolo di cancelliere dal Bundestag. Cosi mentre la Francia invoca l’autonomia strategica e Bruxelles predica pazienza, il continente oscilla tra slanci temerari e crisi di sfiducia: per molti, soprattutto a est, Washington e la Nato sono stati a lungo un baluardo di libertà e incarnano ancora l’unico riparo credibile contro Mosca. Se nei sondaggi la maggioranza dei cittadini europei (e italiani) considera Trump una minaccia per la pace e la sicurezza e persino un nemico dell’Ue, in Romania l’ultradestra vola al 40% mentre leader come Viktor Orbán sostengono le politiche di Trump proprio perché minano l’Europa liberale. Altri, come Giorgia Meloni, cercano di usare le affinità ideologiche con il tycoon per mantenere aperto il dialogo con gli Usa.

Vittorie contrapposte?

A testimoniare le persistenti divisioni politiche in Europa, il presidente russo Vladimir Putin accoglierà domani il primo ministro slovacco Robert Fico, considerato vicino a Mosca, e il presidente serbo Aleksandar Vučić, leader ultranazionalista di un paese candidato all’ingresso nell’Unione, alla parata celebrativa prevista a Mosca: sono gli alfieri di un’Europa parallela che strizza l’occhio al Cremlino. Domani, venerdì 9 maggio, saranno accanto a Vladimir Putin in occasione di quella che è stata definita la più grande parata mai organizzata sulla Piazza Rossa per celebrare l’ottantesimo anniversario della vittoria sovietica nella “Grande Guerra Patriottica”. Le difese antiaeree saranno in stato di massima allerta per evitare incursioni di droni ucraini, dopo che Kiev ha respinto la proposta di un cessate il fuoco di tre giorni, ritenuto opportunistico. All’evento parteciperanno anche truppe cinesi, che sfileranno accanto a quelle russe. Sul palco, Putin sarà affiancato anche da Xi Jinping e dal presidente brasiliano Lula. presenza dal forte valore simbolico, che consentiranno al leader del Cremlino di inviare un messaggio chiaro: il tentativo dell’Occidente di isolarlo sulla scena internazionale, almeno per ora, non ha avuto successo.

Verso un nuovo ordine?

L’immagine dei due volti di un continente diviso che festeggia 80 anni dalla sconfitta del nazifascismo è potente. Da una parte Mosca, con la sua parata e i suoi alleati. Dall’altra, l’Europa divisa, incerta, assediata dai tank e dai dazi. Ma più che segnare il ritorno a due blocchi contrapposti, l’istantanea mostra la frammentazione dell’ordine internazionale, segnato dalle guerre, logorato dalla crisi del multilateralismo, minato dai ritorni dell’autoritarismo e da una leadership americana sempre più instabile. “L’Occidente, come lo conoscevamo, non esiste più” ha affermato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, appena pochi giorni fa. Ma con gli Stati Uniti che si sfilano, l’Europa non può più permettersi di tergiversare. La sovranità, oggi, è la capacità di stare al mondo da soli. Questo non significa rinunciare al legame transatlantico, ma superare le divergenze, affrontare i nodi irrisolti e costruire un’architettura autonoma. Porre le basi minime per non rimanere ostaggio della volubilità americana e ridare all’Unione una direzione per il futuro. Perché ottant’anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’ordine che ci ha tenuto in piedi sta franando. E il prossimo non nascerà da solo.

Il commento

Di Giovanni Grevi, ISPI Senior Associate Research Fellow

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“Gli europei devono definire i confini del proprio futuro e si trovano di fronte a due opzioni: lo Stato nazionale o l’integrazione europea. La maggior parte dei leader concorda sul fatto che l’integrazione sia l’unica soluzione percorribile per garantire pace, prosperità e progresso ai propri cittadini. Pochi, però, si sono dimostrati pronti a trarre le conseguenze di questa conclusione. Il compito dell’Europa è costruire un ordine europeo post-americano, cioè un assetto che non dipenda dalla leadership degli Stati Uniti, pur cercando la cooperazione con Washington quando possibile. La forma di questo nuovo ordine, tuttavia, è ancora tutta da definire.” [Leggi l’approfondimento di Giovanni Grevi]



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