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Ex Ilva, la frenata di Urso sulla vendita dopo il sequestro dell’altoforno: «Gli ultimi avvenimenti non incoraggiano gli investitori»


di
Michelangelo Borrillo

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Il ministro delle Imprese e del Made in Italy: «Occorre evitare che anche gli investitori internazionali che avevano mostrato interesse ad acquisire gli impianti possano essere scoraggiati dal farlo»

Il ministro Adolfo Urso le ha chiamate «ultime notizie». Ma è evidente che il riferimento è al sequestro probatorio, senza facoltà d’uso, dell’Altoforno 1 dell’ex Ilva di Taranto, notificato all’azienda dal pm Francesco Ciardo dopo l’incendio del 6 maggio che ha generato una colonna di fumo nero visibile anche a chilometri. «Temo – ha sottolineato il ministro delle Imprese e del Made in Italy rispondendo a una domanda, a margine di un evento al Mimit, su possibili novità sulla cessione del gruppo siderurgico – che le ultime notizie non incoraggino i nuovi investitori in quello che è un percorso difficile per tutti, a cui spero che le istituzioni partecipino in maniera propositiva, per evitare che anche gli investitori internazionali che avevano mostrato interesse ad acquisire gli impianti possano essere scoraggiati dal farlo». Tra le ultime notizie riguardanti l’ex Ilva, in realtà, c’è anche la lettera di costituzione in mora annunciata dalla Ue all’Italia per le emissioni industriali a Taranto. Lettera che, avevano però specificato immediatamente fonti Mimit, riguarda «fatti pregressi». Per cui è da escludere che il ministro si riferisse alla lettera, dopo averne sminuito la portata e gli effetti.

I timori di Urso

Di certo, però, il ministro non sminuisce il rischio che la cessione dell’ex Ilva al consorzio azero guidato da Baku Steel Company e Azerbaijan Investment Company possa subire degli ostacoli. E Urso lo fa capire senza tanti giri di parole. «Speriamo che non ci siano condizionamenti esterni che possano scoraggiare gli investitori e precludere lo sviluppo della tecnologia green nel più grande impianto siderurgico italiano. Come tutti sanno – ha aggiunto infatti Urso in riferimento all’ex Ilva – sin dall’inizio abbiamo preso in mano questo dossier con la piena volontà di realizzare un processo di piena decarbonizzazione del sistema siderurgico italiano. Così è nei programmi che sono stati presentati agli investitori, quello di fare nel tempo più congruo possibile dell’ex Ilva di Taranto un modello di siderurgia green che possa rendere orgoglioso questo Paese e che possa corrispondere alle aspettative dei cittadini anche per quanto riguarda l’ambiente e la salute». 




















































Il decreto di sequestro probatorio

Come detto, stando al decreto di sequestro probatorio senza facoltà d’uso, firmato dal pm Francesco Ciardo, l’Altoforno 1 dell’ex Ilva di Taranto non potrà essere utilizzato. Il pm, a quanto si è appreso, contesta i reati di
omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro e getto pericoloso di cose. E secondo fonti sindacali, i circa 70 lavoratori addetti all’impianto sono stati ricollocati temporaneamente alla formazione. L’incendio del 6 maggio, documentato da video diventati virali sui social, ha creato apprensione tra cittadini e lavoratori. Non ci sono stati feriti e Acciaierie d’Italia ha spiegato che «si è verificata un’emissione non controllata in atmosfera, causata da un’anomalia improvvisa a un elemento del sistema di raffreddamento dell’impianto», in particolare la tubiera numero 11. 

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L’altro sequestro

A tutto ciò, però, si aggiunge che su tutta l’area a caldo dell’ex Ilva (cokerie, altiforni, acciaierie etc.) grava già un sequestro – ma con facoltà d’uso – rinnovato dal gip di Potenza a valle del trasferimento del processo «Ambiente Svenduto», relativo al reato di disastro ambientale contestato alla vecchia gestione Riva, dalla Corte d’Assise d’Appello di Taranto a quella di Potenza. Come reagiranno i potenziali nuovi acquirenti a fronte di questo ulteriore sequestro, visto che adesso l’unico altoforno in marcia è il numero 4? Questi, evidentemente, sono i dubbi del ministro Urso che soltanto qualche mese fa, il 15 ottobre del 2024, partecipò alla cerimonia per il riavvio dell’Altoforno 1, fermo da agosto 2023 per manutenzione (era stato peraltro annunciato che l’Afo1 si sarebbe fermato nuovamente nel 2025 per il rifacimento del crogiolo con il rientro in funzione l’Altoforno numero 2). 

I sindacati chiedono un incontro urgente

E i dubbi, ovviamente, li hanno anche i sindacati. «In un clima di sfiducia e incertezza per il futuro dell’ex Ilva – sottolineano in una nota Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil e Francesco Brigati, segretario generale Fiom-Cgil Taranto – è necessario aprire un tavolo permanente a Palazzo Chigi per programmare il futuro ambientale, occupazionale e industriale del gruppo siderurgico». «L’incidente di ieri nello stabilimento ex Ilva di Taranto ripropone in modo drammatico la questione della sicurezza sui luoghi di lavoro. Solo per un caso fortuito non ci sono stati lavoratori coinvolti, ma l’entità dello scoppio e dell’incendio poteva avere gravissime conseguenze». Lo dice , in merito all’altoforno 1 che la scorsa notte, proprio a causa dell’incendio, è stato intanto sequestrato da Procura e Carabinieri del Noe senza facoltà d’uso per l’azienda. «In attesa di conoscere i risultati dei rilievi ambientali prontamente avviati dagli organi competenti, ritengo necessario che si eviti di far pagare le conseguenze dell’incidente ai lavoratori e alla comunità», rileva Palombella. «Ci aspettiamo – ha sottolineato Rocco Palombella, segretario generale Uilm – l’immediata azione dei commissari per il ripristino degli impianti e per garantire la totale sicurezza. Alla luce di quello che si è verificato chiediamo tempi certi e garanzie sul processo di vendita in corso, che dura ormai da diversi mesi, e sulla realizzazione dei forni elettrici per la decarbonizzazione. Infine, riteniamo fondamentale un incontro urgente con il ministro Urso e i commissari per individuare immediatamente dei provvedimenti straordinari per salvaguardare tutti i lavoratori, le comunità interessate, l’ambiente e un’economia distrutta negli anni».


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8 maggio 2025 ( modifica il 8 maggio 2025 | 18:20)

 

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