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Toscana fra le 100 regioni più innovative d’Europa – Agipress – Agenzia di stampa nazionale


Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti and TEHA Group

AGIPRESS – L’Italia ha il potenziale per costruire un ecosistema dell’innovazione che può essere un volano per la crescita e l’occupazione, grazie all’eccellente qualità dei suoi ricercatori e scienziati, a una dotazione tecnologica di primo livello con due dei dieci supercomputer più potenti al mondo presenti sul territorio italiano, e a un export che presenta un saldo commerciale molto positivo. Ma, nel confronto con i paesi più avanzati, appare in ritardo e sta perdendo terreno, frenata, tra i diversi fattori, dalla scarsità di investimenti nel sistema educativo e in ricerca e sviluppo. Un gap di talenti e di risorse che non consente di supportare il sistema imprenditoriale e che blocca la capacità di innovazione del Paese, che è solo 30° nella classifica dei 47 paesi più avanzati al mondo, (due posizioni in meno rispetto al 2022), molto lontano dal podio – occupato da Israele, Singapore e Regno Unito – e da tutti i principali paesi europei. Anche la Spagna, che nel 2022 era più indietro, ha scalato quattro posizioni in classifica, superando l’Italia.
La distanza dagli altri paesi è più evidente nella capacità di formare e attrarre capitale umano qualificato, che vede l’Italia al 36°, e di generare investimenti pubblici e privati a supporto dell’innovazione, dove è 27°. La situazione migliora leggermente quando si tratta di creare un ambiente attrattivo per investimenti e talenti, ambito per cui entra nella prima metà della classifica, in 20° posizione. Le migliori performance si registrano sul fronte dell’efficacia dell’ecosistema dell’innovazione (che comprende ricerca scientifica ed export), dove l’Italia è 7°. Sono i risultati che emergono dal TEHA-Global Innosystem Index 2025, presentato al Technology Forum 2025, il principale appuntamento sui temi della ricerca, dell’innovazione e dell’impresa, organizzato a Stresa da TEHA Group (The European House – Ambrosetti). L’indice confronta la capacità di innovazione dei 47 paesi più avanzati al mondo analizzando le loro performance in cinque ambiti: Il Capitale Umano, le Risorse finanziarie a supporto dell’innovazione, l’Innovatività dell’Ecosistema, l’Attrattività dell’ecosistema e l’Efficacia dell’ecosistema innovativo.
“Senza ricerca non c’è innovazione e non c’è futuro. Ormai è provato che le nazioni che investono di più in ricerca e sviluppo sono quelle che crescono di più, rispetto ai loro competitor. Il nostro Paese sconta una storica arretratezza sul fronte degli investimenti in istruzione e ricerca – spiega Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti and TEHA Group -. Nel confronto con gli altri paesi dell’Innosystem Index si vede come l’Italia investa nell’istruzione poco più della metà (in termini percentuali rispetto al PIL) di quello che fa la Svezia, al primo posto: il 4,2% contro il 7,6%. In Corea del Sud quasi 7 persone su 10 sono laureate, mentre in Italia sono poco più di 3 su 10. Tutto questo si traduce in una mancanza di talenti e di risorse che non consente di supportare l’innovazione e il sistema imprenditoriale e di competere alla pari con i paesi più avanzati. Tuttavia, ci sono ambiti di eccellenza su cui possiamo e dobbiamo puntare. La nostra ricerca scientifica è tra le più produttive a livello globale, siamo uno dei mercati che più esporta nel mondo e siamo anche la terza nazione al mondo per capacità computazionale. Abbiamo tutte le carte in regola per poter invertire la tendenza e tornare ad essere tra i protagonisti dell’innovazione. Sapendo che è proprio questo ambito che può creare crescita industriale ed occupazionale”.
Dalla ricerca scientifica all’export, dove l’Italia eccelle – La ricerca scientifica italiana è tra le più produttive a livello globale: è 2° per numero di pubblicazioni ogni 100 ricercatori (80,6, preceduta solo dalla Svizzera con 96,5) e 4° per citazioni ogni 100 ricercatori (2.295,8, dietro a Paesi Bassi, Danimarca e UK). Inoltre, l’Italia è la prima nazione in Europa per tasso di successo dei brevetti (76,6%) ed è 2° in UE (e settima a livello globale) per presenza di ricercatori nel 2% degli scienziati più citati al mondo. La qualità e l’efficacia della produzione scientifica sono dimostrate dalla netta crescita, tra il 2015 e il 2024, delle domande di brevetto (+22%) e dei brevetti concessi (+50%). Un altro ambito di eccellenza per l’Italia è quello dell’export. Siamo 5° nel mondo e 2° in Unione Europea per il saldo commerciale manifatturiero (118,1 miliardi di dollari) e 8° a livello globale per saldo commerciale nei servizi R&D. L’Italia si conferma una nazione che tende ad investire poco nell’istruzione e nella formazione del proprio capitale umano. Nella classifica relativa alla spesa in educazione in rapporto al PIL è al 33° posto, con solo il 4,2% del PIL dedicato, contro il 7,6% della Svezia, che occupa la prima posizione. Un gradino più giù, al 34°, per la percentuale di cittadini laureati: solo il 30,6%, contro il 69,7% della Corea del Sud, prima in classifica. Investimenti limitati si traducono in scarsi risultati nella dimensione del capitale umano, per cui l’Italia si trova al 36° posto della classifica. Al primo posto ancora la Svezia.
Un altro degli elementi problematici è la difficoltà ad attrarre talenti ed investimenti dall’estero: è solo 29° per percentuale di studenti stranieri, con appena il 4,2% del totale (gli Emirati Arabi Uniti sono primi con il 73%) ed è 25° per investimenti esteri nel paese, che valgono solo 1,8% del PIL (contro il 35% di Singapore). L’Italia si trova poi solo al 25° posto per spesa in ricerca e sviluppo delle imprese, con lo 0,8% del PIL, contro il 5,6% di Israele, e 26° per spesa complessiva in R&D (che comprende gli investimenti di imprese, governo, università e no profit), con appena l’1,3% del PIL. Un elemento che limita fortemente la capacità del Paese di supportare finanziariamente l’innovazione. Israele guida anche questa classifica, con il 6% del PIL speso in ricerca e sviluppo. Inoltre, l’Italia è una delle ultime nazioni al mondo per presenza di sviluppatori software. È solo 41°, con 51,8 sviluppatori ogni 1.000 abitanti. Singapore, in testa alla classifica, ne ha 467,8. Infine, in Italia gli “unicorni” (start-up valutate più di un miliardo di dollari) sono ancor più rari e piccoli. Oltre ad essere pochi, infatti, hanno anche un valore più basso che negli altri paesi (36° con lo 0,2% del PIL, contro il 24% del PIL dell’Estonia, che è il primo paese per questo parametro). La debole performance dell’Italia nella densità di sviluppatori e nella creazione di imprese unicorno ne penalizza la posizione nella dimensione dell’innovatività dell’ecosistema: 30° in questa classifica, guidata da Singapore.
Lombardia e Lazio le regioni italiane più innovative, Piemonte nella Top 100 – Per la seconda volta TEHA ha deciso di scendere maggiormente nel dettaglio, elaborando il TEHA-Regional Innosystem Index, che valuta le performance dell’innovazione di 242 regioni europee sulla base di 11 KPI. L’indice incorona l’Île-de-France come la regione più innovativa, seguita da Praga, Stoccolma e Budapest. La Lombardia sale al 16° posto, restando la regione più innovativa d’Italia, seguita al 34° posto dal Lazio e al 51° dall’Emilia Romagna. Altre tre regioni italiane si collocano nella Top 100: il Veneto è al 73° posto, la Toscana al 75° e il Piemonte al 96°. La Calabria, invece, conferma di essere una delle worst performer a livello europeo, collocandosi al 228° posto su 242.
Le priorità di intervento e il potenziale dello Stivale al 2040 – L’Italia ha accumulato un forte ritardo sul fronte dell’innovazione, ma ci sono azioni concrete che, se attuate, potrebbero far scalare al nostro paese molte posizioni. Secondo lo studio elaborato da TEHA, l’Italia potrebbe passare dal 30° al 18° posto e registrerebbe una crescita del PIL pari al +20,6% (+475,3 miliardi di dollari) nell’arco di 15 anni. È lo scenario “What If” dell’indice, in cui è stato ricalcolato l’indicatore TEHA-GII proiettandolo al 2040, ipotizzando che l’Italia implementi misure di politica economica, finanziaria, industriale e sociale volte ad allinearla alla media dei primi 5 paesi di riferimento dell’Ue.
Sul fronte degli investimenti in istruzione, l’Italia dovrebbe aumentare la spesa del 36% (stanziando 35 miliardi di dollari aggiuntivi), portandola a 132,2 miliardi di dollari e passando dal 4,2% al 5,75% di PIL dedicato. La popolazione italiana con educazione terziaria, inoltre, dovrebbe crescere del 74%, toccando quota 31,3 milioni. Secondo le stime di TEHA Group, questi interventi potrebbero far salire il PIL fino al +11%. Sul fronte della spesa in ricerca e sviluppo delle imprese lo scenario What-if al 2040 prevede un aumento di spesa complessiva di 43,9 miliardi di dollari (+144% rispetto alla spesa attuale), raggiungendo quota 74,3 miliardi di dollari. In particolare, la spesa in R&D delle imprese private dovrebbe aumentare di +34,5 miliardi di dollari (+195% rispetto ad oggi), superando i 52 miliardi di dollari. Tali aumenti di investimenti in R&D porteranno a una crescita del +34.6% del numero di lavoratori impiegati nel settore R&D e del +5,3% per quanto riguarda i ricercatori, mentre il numero di brevetti salirà del +28,7%. Con un aumento del PIL, nel lungo periodo, del +3,3%. Per raggiungere il livello delle 5 nazioni dell’Unione Europea più innovative l’Italia dovrebbe poi moltiplicare per 2,3 volte il numero dei suoi programmatori, portandoli a 10,1 milioni e moltiplicare di 47 volte il valore dei propri unicorni, portandolo a 221,6 miliardi di dollari. L’impatto di queste misure sarebbe un aumento del PIL pari al +1,6%.
Infine, se si riuscisse ad aumentare di 517,7 miliardi di dollari lo stock di investimenti esteri diretti – un valore 1,1 volte superiore all’attuale – e ad aumentare di 1,8 volte la quota di studenti internazionali che scelgono l’Italia come Paese di destinazione dei loro studi e del loro primo lavoro, il PIL potrebbe crescere fino al +4,6%.

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