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Sostenibilità vs produttività? / Notizie / Home


C’è un’idea diffusa in molti partiti e ambienti politici, non solo italiani, ed è quella che la sostenibilità ambientale sia un ostacolo alla produttività, una sorta di “decrescita infelice” che potrebbe minare la competitività di molti settori industriali. In realtà non è così! Migliorare la sostenibilità ambientale della propria attività conviene alle aziende italiane e non solo per una questione di sicurezza o di risparmi sul fronte delle calamità naturali. Solo considerando il “rischio ambientale” se si dovesse essere costretti a fare una scelta tra sostenibilità e produttività non ci dovrebbero essere dubbi visto a quanto ammontano a livello mondiale e italiano i danni economici provocati dagli eventi meteo estremi, resi ancora più frequenti e devastanti dalla crisi climatica, e quanto tali costi siano diventati drammatici in termini di perdita di vite umane. Ma anche escludendo una scelta motivata dai soli rischi ambientali, a certificare che occuparsi dei livelli di inquinamento e di emissioni, di gestione efficiente di energia e di trasporti sostenibili convenga anche dal punto di vista dei guadagni aziendali, è stata la “Statistica Focus” di Istat denominata “Sostenibilità ambientale e performance economica delle imprese manifatturiere” relativa al 2022. Per questa indagine pubblicata il 5 maggio scorso e legata al solo comparto della manifattura “Sono 39mila le aziende con almeno 10 addetti che dichiarano di avere realizzato nel 2021-2022 almeno un’azione volta a migliorare la sostenibilità ambientale della propria attività, pari al 59% del totale”. Si tratta di aziende che impegnano circa 2 milioni di addetti (75,4%) e producono 217 miliardi di valore aggiunto (81,6%) pari al 70,9% del totale della manifattura. 

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Utilizzando le informazioni derivanti dal Censimento permanente delle imprese tra il 2018 e il 2022, unitamente ai dati economici forniti dal Registro statistico delle imprese attive, l’Istat in questa “Statistica Focus” sul manifatturiero offre un quadro dettagliato di quel che stanno facendo le aziende italiane in termini di sostenibilità e chiarisce dati alla mano che occuparsi dell’impatto ambientale conviene alle aziende. Si scopre così che in Italia il monitoraggio dell’inquinamento ambientale è l’azione più diffusache la quota di imprese che utilizzano materiali riciclati è un 20,7% delle imprese con almeno 10 addetti e che sono 27mila le imprese con almeno 10 addetti che hanno sostenuto investimenti per una gestione più efficiente e sostenibile dell’energia e dei trasporti (il 42,0% del totale). Tra queste l’installazione di macchinari, di impianti o di apparecchi ad alta efficienza energetica (61,9%) e per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (42,0%) sono le azioni più diffuse, soprattutto tra le grandi imprese con 250 addetti e oltre. Sono invece i settori della farmaceutica, della chimica e degli articoli in gomma e plastica che registrano l’incidenza più alta di imprese (oltre il 72%) che hanno realizzato almeno un’azione volta a migliorare l’impatto ambientale, e sono più di un 52% quelle che hanno fatto almeno un investimento per la gestione efficiente e sostenibile dell’energia e dei trasporti.  

Ma le strategie di sostenibilità messe in campo si concentrano anche su altri aspetti come il monitorare i consumi idrici nel 29,9% dei casi e nel 20,9% nel valutare l’impatto ambientale dei propri fornitori, sia nazionali che internazionali. Meno diffuse, ma comunque rilevanti, sono le pratiche di riutilizzo e riciclo delle acque di scarico con un 15,5% e la predisposizione del Documento per la rendicontazione non finanziaria, adottato o in fase di adozione dal 5,9% delle imprese. Mentre le imprese del Nord-Ovest, Nord-Est e Mezzogiorno registrano in media tre azioni virtuose ciascuna, nel Centro si scende a due, e le aziende che riescono a mettere in atto più di cinque interventi “green” rappresentano il 15,9% nel Nord-Ovest, il 14,4% nel Mezzogiorno, il 13,7% nel Centro e il 13,2% nel Nord-Est. Indipendentemente dalla collocazione geografica, le grandi imprese si distinguono quasi sempre per un impegno più ampio sul fronte della sostenibilità ambientale, con una media di cinque azioni per azienda, contro le due o tre registrate dalle medie e piccole imprese. Inoltre, oltre la metà delle grandi imprese, il 52,1%, ha realizzato più di cinque interventi, una percentuale che scende al 25% tra le medie e al 10,4% tra le piccole.

Alla luce di tutti questi dati l’Istat “Conferma la presenza di una relazione positiva tra sostenibilità e produttività […] soprattutto in connessione all’utilizzo di fonti rinnovabili ed all’efficientamento energetico”. L’Istat ci ricorda anche che questa scelta non dovrebbe essere un’opzione, ma una “strada obbligata” visto che che la transizione energetica, la riduzione delle emissioni inquinanti e l’utilizzo di tecnologie pulite rientrano a pieno titolo tra gli obiettivi strategici delle politiche economiche e industriali definite a livello nazionale ed europeo. In particolare, la possibilità di conciliare l’adozione di misure di sostenibilità ambientale con adeguati livelli di performance economica delle imprese rappresenta uno degli elementi centrali dell’attuale dibattito in corso, anche secondo l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile – AsviS e il suo Rapporto di Primavera 2025presentato lo scorso 7 maggio a Milano all’evento inaugurale del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2025 

Con il titolo “Scenari per l’Italia al 2035 e al 2050. Il falso dilemma tra competitività e sostenibilità”, realizzato in collaborazione con Oxford Economics e contenente, per la prima volta anche i dati per i diversi comparti economici, il rapporto di AsviS dimostra che una riconversione “green” del sistema produttivo nazionale potrebbe registrare benefici già al 2035, con il Pil che potrebbe essere superiore dell’1,1% rispetto a quello dello scenario di base e il tasso di disoccupazione potrebbe diventare inferiore di 0,7 punti percentuali. Il trend positivo continuerebbe successivamente e nel 2050 il Pil sarebbe superiore dell’8,4% a quello tendenziale, grazie al rallentamento del riscaldamento globale, all’innovazione e all’aumento dell’efficienza energetica, che contribuirebbero anche a ridurre la spesa per i danni ambientali e ad aumentare le entrate fiscali. In questo modo, nonostante l’aumento degli investimenti pubblici, si registrerebbe anche un miglioramento del rapporto debito pubblico/Pil. In termini aggregati, il comparto industriale vedrebbe il valore aggiunto aumentare dell’1,7% nel 2035 e del 14,9% nel 2050. Anche per AsviS emerge quindi un dato molto chiaro: “La sostenibilità conviene, anche sul piano economico”. La scelta della decarbonizzazione e dell’economia circolare offre al nostro Paese un novero di opportunità  che ci dimostrano la “falsa contrapposizione tra sostenibilità e competitività”, frutto più di narrazioni corporative e poco lungimiranti, che dell’effettivo stato delle cose.

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Sono Alessandro, dal 1975 “sto” e “vado” come molti, ma attualmente “sto”. Pubblicista, iscritto all’Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell’Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori”, leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.





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