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Transizione 4.0 e Transizione 5.0, i decreti in arrivo e il futuro delle misure


L’evoluzione dei piani Transizione 4.0 e Transizione 5.0 rappresenta un tema di grande interesse per il tessuto produttivo italiano. Ma queste due misure stanno vivendo un momento di grande incertezza: per Transizione 4.0 c’è la questione del tetto di 2,2 miliardi introdotto dalla legge di bilancio, mentre per Transizione 5.0 c’è il nodo dell’assorbimento limitato – meno di un miliardo sui 6,3 disponibili – e dell’avvicinarsi della scadenza di fine anno. Ne abbiamo parlato in occasione della fiera SPS Italia, con Raffaele Spallone, Dirigente della divisione digitalizzazione delle imprese e analisi dei settori produttivi presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, MIMIT.

 

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Transizione 4.0: il decreto e la gestione delle risorse

La Legge di Bilancio ha introdotto una significativa novità per il piano Transizione 4.0, stabilendo un tetto massimo di spesa pubblica per la misura pari a 2,2 miliardi di euro da cui sono escluse solo le aziende che hanno provveduto al versamento di un acconto pari almeno al 20% del costo dell’investimento entro la fine del 2024.

Questa modifica, voluta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, MEF, ha colto di sorpresa le strutture del MIMIT, che “non disponeva, al momento dell’entrata in vigore della legge, di una piattaforma tecnologica dedicata alla registrazione di tali acconti con la scadenza indicata”, spiega Spallone.

L’esigenza di monitorare l’utilizzo delle risorse richiede la predisposizione di una piattaforma e di un meccanismo di prenotazione. “La necessità di costruire ex novo un sistema di monitoraggio e gestione degli acconti, integrando anche i flussi di dati pregressi relativi al 2024 con l’Agenzia delle Entrate, ha richiesto un notevole impegno tecnico e organizzativo”, spiega Spallone.

Nonostante queste difficoltà iniziali, il percorso per la piena operatività del “nuovo” Transizione 4.0 sembra ormai definito. Il decreto che disciplinerà i dettagli della misura è stato finalizzato ed è atteso a breve, forse già questa settimana.

È prevista quindi l’attivazione di una piattaforma informatica per la gestione delle domande e alla registrazione degli acconti e l’introduzione di un nuovo codice tributo specifico per le compensazioni relative agli investimenti effettuati nel 2025.

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La tutela delle domande già presentate

Le imprese che non hanno versato l’acconto entro dicembre 2024, e che quindi rientrano nel tetto dei 2,2 miliardi, ma che hanno effettuato una prenotazione prima dell’entrata in vigore del prossimo decreto, dovranno ripresentare la domanda attraverso la nuova piattaforma entro un termine perentorio di 30 giorni dalla sua attivazione. Il meccanismo consentirà di mantenere la priorità cronologica acquisita, un elemento non trascurabile data la potenziale scarsità di risorse.

Solo al termine di questo periodo, l’amministrazione avrà una fotografia precisa e aggiornata delle risorse effettivamente impegnate e di quelle ancora disponibili all’interno del plafond dei 2,2 miliardi di euro. Quante ne resteranno? Sebbene il numero di prenotazioni già effettuate sia consistente, si nutre la speranza che, una volta completato il processo di verifica e ripresentazione delle domande, ci sia ancora spazio per far funzionare la misura qualche altro mese. Le previsioni sono rese particolarmente complesse dall’attuale fase di incertezza che potrebbe aver indotto alcune imprese a rallentare i propri piani di investimento.

Con la pubblicazione del decreto e l’apertura della piattaforma, è plausibile attendersi un’accelerazione nella presentazione delle domande, dettata anche dalla consapevolezza della limitatezza delle risorse. Questo “effetto scarsità” potrebbe portare a un incremento della domanda nel breve periodo, rendendo ancora più veloce l’assorbimento dei fondi.

Transizione 5.0: assorbimento, scadenze e negoziati PNRR

Il piano Transizione 5.0, focalizzato sulla duplice transizione digitale e green delle imprese, sta attraversando una fase di progressiva accelerazione. Dopo un periodo iniziale che si potrebbe definire di apprendimento fisiologico, la misura ha iniziato a mostrare segnali di crescente adozione da parte del sistema produttivo. Secondo i dati più recenti resi disponibili dal GSE, l’ammontare degli investimenti attivati si avvicina rapidamente al miliardo di euro, con un tasso di assorbimento settimanale in costante aumento. “È un trend positivo che testimonia la validità dello strumento e il superamento di alcune complessità intrinseche”, dice Spallone.

Come sappiamo Transizione 5.0 si differenzia in modo sostanziale dal precedente Transizione 4.0. La sua architettura è più articolata, in parte a causa della sua stretta connessione con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, PNRR, e con il RepowerEU, che impone requisiti e condizionalità specifici. “La necessità di soddisfare i target e le milestone del PNRR, unitamente all’enfasi sul risparmio energetico e sulla sostenibilità, ha richiesto alle imprese un approccio più strutturato e una maggiore attenzione alla progettazione degli investimenti”, dice Spallone.

La pubblicazione di FAQ a novembre, febbraio e, in modo particolare, ad aprile, ha contribuito a sciogliere molti dei dubbi interpretativi che inizialmente avevano frenato le imprese. “Il sentiment attuale è che la curva di adozione di Transizione 5.0 continuerà a crescere nelle prossime settimane e mesi”, dice Spallone.

Dall’altro lato va detto che il passare dei mesi avvicina la misura alla sua scadenza, il che potrebbe limitare il pieno dispiegamento del potenziale di Transizione 5.0 nella seconda parte dell’anno a causa delle tempistiche di realizzazione e consegna degli investimenti. Un aspetto, questo, particolarmente sentito per i progetti più complessi e per quelli che prevedono un elevato grado di customizzazione, tipici di molti settori del Made in Italy.

Proprio per affrontare questa problematica è in corso un intenso negoziato tra il governo italiano, la Commissione Europea e i ministeri competenti, tra cui il MEF e il Dipartimento per le Politiche Europee della Presidenza del Consiglio. L’obiettivo primario di questa interlocuzione è la modifica della “Council Implementing Decision”, l’atto formale che ratifica il PNRR italiano e ne definisce le scadenze, incluse le milestone e i target. La richiesta italiana è specificamente mirata a ottenere una proroga per il completamento degli investimenti ammissibili a Transizione 5.0, offrendo così un importante margine temporale aggiuntivo per la conclusione degli investimenti.

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“La discussione con le istituzioni europee è comunque complessa e tecnicamente articolata”, sottolinea Spallone. “Le decisioni in merito impattano su diversi aspetti gestionali del PNRR, tra cui le procedure di rendicontazione, l’erogazione delle rate di finanziamento e gli equilibri di bilancio. Si tratta, quindi, di un processo che richiede un’attenta valutazione di tutte le implicazioni”.

Il nodo delle risorse

Un altro tema rilevante è la rinegoziazione di alcune componenti del PNRR, inclusa la dotazione finanziaria di Transizione 5.0. Le stime attuali indicano che difficilmente si riuscirà a spendere l’intera cifra inizialmente stanziata, pari a 6,3 miliardi di euro. Si ipotizza una spesa effettiva che potrebbe attestarsi tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro entro la fine dell’anno. Le risorse non utilizzate verrebbero, quindi, riallocate su altre misure o interventi.

In ogni caso, sottolinea Spallone, “non si prevede uno stop improvviso della misura a metà anno”. L’intenzione è quella di assicurare risorse sufficienti affinché Transizione 5.0 possa proseguire il suo corso fisiologico e raggiungere i propri obiettivi, sulla base delle proiezioni di spesa e di assorbimento. La cifra di 3,3 miliardi di euro, spesso menzionata nelle discussioni ad alto livello, rimane una stima indicativa, il cui consolidamento dipenderà dall’esito finale dei negoziati con la Commissione Europea e dalla capacità effettiva di spesa del sistema.

Per quanto riguarda la possibilità che le risorse non spese su Transizione 5.0 possano essere dirottate verso Transizione 4.0, si tratta di una eventualità che appare, al momento, improbabile. La principale ragione risiede nella diversa finalità delle due misure: Transizione 4.0 non possiede quella connotazione “green” che è invece intrinseca a Transizione 5.0 e requisito fondamentale per l’utilizzo dei fondi del RepowerEU. Il rifinanziamento di Transizione 4.0 dovrebbe quindi passare per una più ampia “riorganizzazione” del PNRR, decisa a livelli politici superiori, ma al momento non vi sono elementi concreti che avvalorino questa ipotesi.

Oltre il 2025: le prospettive future

Lo sguardo delle istituzioni è poi proiettato oltre l’orizzonte temporale dei piani attuali. Con Transizione 4.0 destinato a concludersi formalmente nel 2025, al di là dell’effettivo esaurimento delle risorse stanziate, è in corso una riflessione approfondita su quali strumenti mettere in campo a partire dal 2026 e di definire una strategia di lungo periodo per il sostegno all’innovazione e alla competitività del sistema produttivo italiano.

“Il tessuto industriale italiano, per mantenere e rafforzare la sua posizione sui mercati globali, necessita di un quadro di incentivi stabile e mirato. Le future misure, però, non potranno ricalcare pedissequamente il modello di Transizione 4.0 così come lo abbiamo conosciuto finora. Le condizioni macroeconomiche e la crescente attenzione alla sostenibilità della finanza pubblica impongono un approccio differente”, spiega Spallone.

Le risorse finanziarie sono, e saranno prevedibilmente, più scarse rispetto al passato. Serviranno quindi meccanismi di incentivazione più selettivi e efficienti, in grado di massimizzare l’impatto di ogni euro investito. “Si sta lavorando all’identificazione di soluzioni che offrano maggiori tutele sia per la finanza pubblica, evitando sprechi o utilizzi impropri, sia per le imprese stesse, garantendo procedure chiare, tempi certi e un accesso equo agli strumenti di sostegno”, dice Spallone.

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La sfida consiste nel trovare un equilibrio tra l’efficacia dello stimolo agli investimenti e la responsabilità nella gestione delle risorse collettive. Le future politiche industriali dovranno, quindi, essere caratterizzate da una maggiore attenzione alla selettività, alla misurabilità dei risultati e alla coerenza con gli obiettivi strategici di sviluppo del Paese, inclusa la transizione ecologica e la sovranità tecnologica. La progettazione di questi nuovi strumenti richiederà un dialogo costante con le associazioni di categoria e con tutti gli attori del sistema innovazione, per assicurare che rispondano efficacemente alle esigenze reali del mondo produttivo.



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