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6 Aziende su 10 adottano, 115 miliardi di potenziale	| BusinessCommunity.it


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Polito (Minsait): l’IA è una leva strategica per le grandi aziende italiane, con potenziale di 115 miliardi; serve visione



Gli impieghi più diffusi dell’IA tra le aziende che la utilizzano riguardano principalmente il supporto all’IT e l’ottimizzazione dei processi operativi. I casi d’uso più comuni includono:

 

Ristrutturazione dei debiti

procedure di sovraindebitamento

 

Gestione e analisi dei dati (35,4%);

Supporto IT tramite chatbot (23,2%);

Analisi predittive e automazione del back-office (entrambi al 22,2%).


Questa tendenza evidenzia un orientamento prevalente verso il miglioramento dell’efficienza operativa piuttosto che verso una trasformazione strategica radicale del business.


Le aziende che non hanno ancora adottato l’IA incontrano diverse difficoltà. Le barriere principali identificate dallo studio sono le difficoltà organizzative (23,9%), il livello considerato ancora sperimentale delle tecnologie (21,9%) e la mancanza di competenze interne (20%). Altri ostacoli includono l’assenza di casi d’uso chiari e problemi nella gestione dei dati. Aspetti come costi e normativa risultano meno critici al momento.




Sulla capacità delle imprese italiane di sfruttare le opportunità dell’IA, emerge che circa il 43,3% ritiene di disporre di dati qualitativi e quantitativi sufficienti per progetti di IA. Permangono invece criticità sul fronte di competenze, infrastrutture, governance e identificazione di casi d’uso efficaci. Circa il 70% delle aziende non possiede ancora una strategia definita per l’IA; quando presente, tale piano è spesso gestito dall’IT con scarso coinvolgimento del vertice aziendale. I budget dedicati all’IA sono limitati: quasi la metà delle aziende investe meno del 5% del proprio budget digitale in IA, e nel 38% dei casi l’investimento annuo complessivo è inferiore a 50.000 euro.


Gli impatti dell’IA su organizzazione e lavoro sono tangibili, sebbene concentrati sull’efficienza. Il 64,7% delle aziende ha riscontrato un miglioramento dell’efficienza operativa grazie all’introduzione dell’IA. Cambiamenti più profondi, come l’automazione di attività ripetitive (15,2%) o la creazione di nuovi flussi di lavoro (9,1%), sono meno frequenti. La visione prevalente in tema di competenze necessarie privilegia le hard skills (58,1%), mentre competenze digitali di base e soft skills sono considerate meno prioritarie. Solo un’azienda su dieci indica le soft skills come prioritarie, con problem solving (58,7%) e comunicazione (33,9%) tra le più valorizzate. Il 50% delle imprese lamenta una carenza di competenze e know-how specifici sull’IA, un fattore che frena l’evoluzione organizzativa.



Nonostante l’implementazione dell’IA sia ancora in una fase iniziale per molte realtà, gli impatti sulla produttività sono già evidenti. Un terzo delle aziende riporta benefici compresi tra l’1% e il 5%. Questo dato è significativo se paragonato alla crescita media nazionale della produttività, ferma intorno all’1% negli ultimi vent’anni. Incrociando questi risultati con i fatturati delle aziende intervistate, si stima un aumento medio aggregato della produttività del 3,2% oggi e del 4,3% nei prossimi 18-24 mesi. Proiettato sul fatturato italiano totale (circa 3,6 trilioni di euro), ciò si tradurrebbe nell’incremento di 115 miliardi di euro menzionato. Il tempo guadagnato grazie all’IA viene spesso reinvestito in formazione del personale, qualità dei prodotti e ricerca e sviluppo.


La percezione dell’AI Act europeo tra le aziende italiane è in gran parte positiva: più di due terzi lo vedono come un’opportunità per rafforzare governance e trasparenza. Solo una minoranza lo considera un ostacolo. Tuttavia, le azioni concrete per adeguarsi alla normativa sono ancora limitate, con oltre il 56% delle aziende che non ha intrapreso alcuna iniziativa. Quando presenti, le azioni sono frammentate e si limitano spesso a valutazioni preliminari o programmi di alfabetizzazione. La principale barriera all’adeguamento normativo è, ancora una volta, la formazione (40% delle aziende la segnala come necessaria), seguita dalla mancanza di linee guida chiare (18,2%), adeguatezza delle infrastrutture IT (17,2%) e costi per la compliance (16,2%).




Secondo Erminio Polito, Amministratore Delegato di Minsait in Italia, “Il nostro studio mostra un’importante crescita dell’adozione dell’IA da parte delle aziende italiane, che si riscontra in generale in una fase di curiosa sperimentazione, lavorando prevalentemente su innovazioni incrementali, piccole trasformazioni e miglioramenti graduali, mentre la trasformazione radicale di prodotti, modelli di business o processi core è ancora rara”. Ha aggiunto che “Nell’utilizzo dell’IA, dobbiamo passare dal “fare cose più velocemente” al “fare cose radicalmente nuove”. E questo richiede leadership, capacità di visione, investimenti su dati, competenze e modelli organizzativi”.

Affrontare le sfide dell’adozione dell’IA richiede una strategia nazionale coordinata tra istituzioni, imprese e settore educativo. Le priorità strategiche individuate dallo studio per l’Italia includono:

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Stanziare risorse per una strategia nazionale per l’IA chiara e supportata da adeguati fondi;

Rafforzare i fattori abilitanti, come infrastrutture digitali e competenze;

Promuovere l’IA nella PA e favorire la collaborazione pubblico-privato;

Fornire modelli di riferimento e casi d’uso concreti per guidare le strategie aziendali;

Sostenere l’adozione dell’IA nei territori e nelle PMI.

Come sottolineato da Corrado Panzeri, Partner di TEHA Group & Head of InnoTech Hub, Questo studio mostra con chiarezza che l’Intelligenza Artificiale non è più una frontiera da esplorare, ma una leva da attivare, con urgenza e visione strategica“. Ha evidenziato il potenziale di 115 miliardi di euro e l’effetto sistemico sull’industria, ribadendo la necessità di agire su competenze, infrastrutture, governance e casi d’uso concreti per rendere il sistema economico “più competitivo, inclusivo e sostenibile”.

Secondo Erminio Polito, l’Intelligenza Artificiale non è più una tecnologia emergente. È diventata una leva critica per la competitività delle imprese. Chi oggi guida un’organizzazione sa che l’adozione dell’IA non è una scelta accessoria, ma una decisione strategica, destinata a ridefinire il vantaggio competitivo, il modello operativo e la cultura aziendale”. Ha concluso che l’adozione su larga scala dell’IA potrebbe generare fino al 18% del PIL italiano in valore aggiunto, rendendola una leva decisiva per la competitività del sistema-Paese. Ma per liberarne appieno il potenziale occorre colmare ritardi strutturali nei principali fattori abilitanti – digitalizzazione, infrastrutture, competenze e regolazione – che oggi ne limitano la diffusione“.

 

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