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Nell’ambito della terza tappa del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2025 svoltasi a Venezia, il 13 maggio si è tenuto Via col vento (caldo)?  Città e patrimonio artistico di fronte alla crisi climatica”, un articolato confronto sulle sfide urbane legate al cambiamento climatico. Coordinato da Alberto Bollis, vice direttore di Nord Est Multimedia, l’incontro ha messo in luce approcci innovativi per trasformare le fragilità delle città in opportunità di rigenerazione sociale, ambientale ed economica.

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Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia, ha aperto i lavori dichiarando: “La vera battaglia ecologista è contrastare i cambiamenti climatici creando lavoro. Ha evidenziato l’impegno concreto della città: oltre 50 milioni di euro investiti in opere di adattamento come idrovore e vasche di contenimento per gestire le acque meteoriche e tutelare la laguna. Venezia, ha aggiunto, rappresenta “l’integrazione nel tempo tra l’uomo e il suo ecosistema”.

Carlo Ratti, curatore della 19esima Mostra internazionale di architettura, ha sottolineato la responsabilità degli architetti nell’affrontare la crisi climatica. Dobbiamo essere architetti del futuro e non vittime, ha affermato, proponendo una visione dell’architettura come strumento di adattamento, che integri dimensioni naturali, artificiali e collettive. Venezia, ha spiegato, è “un laboratorio fantastico perché è una delle città più fragili al mondo”.

E proprio a proposito di fragilità dei territori, sono stati proiettati due servizi-video delle giornaliste Veronica Fernandes, di Rai News, e Lucia Sgueglia, del Tg3, sulle alluvioni che in tempi recenti hanno interessato Panama e Valencia, a testimonianza del fatto che l’emergenza climatica impatta su tutti i Paesi del mondo, creando non solo vittime e distruzione, ma anche crisi politiche.

Il primo panel, dedicato all’architettura dell’abitare e al disegno delle città di fronte alla crisi climatica, ha visto avvicendarsi Hélène Chartier, direttrice Urbanistica e design presso C40 Cities e Ferruccio Resta, presidente della Fondazione Politecnico di Milano, in due rispettivi keynote speeches.

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Hélène Chartier ha analizzato le dinamiche dell’urbanizzazione globale: “Ogni mese nasce una nuova New York nel mondo”. Ha denunciato la crescita urbana a bassa densità e l’erosione degli spazi pubblici: “Abbiamo destrutturato le nostre città storiche lasciando spazio solo alle automobili”. La ricetta? Città compatte, multifunzionali, policentriche, con maggiore mobilità dolce e spazi verdi. Ha citato l’esperienza di Vancouver con la “tassa sulle case vuote”, proponendo politiche attive contro l’espansione incontrollata.

Ferruccio Resta, presidente della Fondazione Politecnico di Milano, ha illustrato come mobilità e infrastrutture possano contribuire alla resilienza urbana: La mobilità, insieme alle infrastrutture, può essere parte della soluzione. Ha parlato del Mose (sistema di dighe mobili per la difesa di Venezia dall’acqua alta), dei sensori installati su ponti e autostrade per monitorare eventi estremi, e del ruolo delle tecnologie digitali – come i droni per le consegne – nel disegno delle città del futuro.

Il secondo panel, dedicato al tema delle strategie nazionali, è stato aperto dal videomessaggio di Antonello Aurigemma, presidente del Consiglio regionale del Lazio, il quale ha ricordato l’importanza di tutelare anche il patrimonio artistico delle città storiche, di fronte alle sfide climatiche.

Pierpaolo Campostrini, direttore generale del Consorzio per il coordinamento delle ricerche inerenti al sistema lagunare di Venezia (Corila), ha portato la prospettiva scientifica della laguna veneziana: Dobbiamo pensare cosa sarebbe stato senza il Mose. Ha ricordato la secolare co-evoluzione tra natura e cultura nella laguna e l’urgenza di ulteriori interventi strutturali per evitare eventi estremi, come l’acqua alta del 2019, e scenari irreversibili, come la perdita dell’abitabilità dei piani terra che stanno rendendo impraticabile la vita di tanti residenti.

Enrico Quarello, responsabile comunicazione di Coop Alleanza 3.0, ha raccontato come l’azienda, con 19 punti vendita a Venezia, stia ridisegnando la propria logistica in chiave sostenibile, dialogando con la comunità locale. “Dal 2023, per rifornire i nostri punti vendita in città, usiamo una barca elettrica, riducendo così sia le emissioni che il moto ondoso”.

Alessandra Credazzi Salvi, dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), ha evidenziato il contributo che la cooperazione può dare nei progetti di rigenerazione urbana implementati nei Paesi in via di sviluppo. “Abbiamo linee guida per indirizzare tutto ciò che la cooperazione fa in ottica di sviluppo sostenibile”, ha spiegato. Ha poi illustrato strumenti operativi come manuali per la rigenerazione delle baraccopoli e checklist per valutare l’impatto ambientale e sociale degli interventi nelle diverse fasi di realizzazione.

Maria Enrica Danese, direttrice Corporate communication & sustainability di Tim, ha raccontato il progetto di digitalizzazione sostenibile di Venezia: “Abbiamo costruito una control room, ovvero un multi-servizio che monitora il traffico acqueo, l’innalzamento delle acque e l’inquinamento”. Un’infrastruttura smart, alimentata da sensori e intelligenza artificiale, che aiuta a gestire criticità e a migliorare i servizi urbani.

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Laura Fregolent, docente dell’Università Iuav di Venezia, ha richiamato l’attenzione sull’abitare: “Il calo drastico della popolazione impatta pesantemente sui servizi”. Ha denunciato la progressiva trasformazione della città in spazio turistico, con conseguente erosione della vita di quartiere, banalizzazione del commercio e perdita della funzione residenziale stabile.

Elena Jachia, direttrice Area ambiente della Fondazione Cariplo, ha invocato un salto culturale per ripensare i centri urbani. Ha raccontato l’impegno in tal senso delle fondazioni al fianco delle amministrazioni locali, citando alcuni esempi di progetti portati avanti, come la depavimentazione, la promozione delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer) e la pianificazione urbana partecipata.

Simone Ombuen, coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 11 “Città e comunità sostenibili”, ha messo in evidenza il contrasto che Venezia si trova ad affrontare tra turismo e residenza, sottolineando come la città in 50 anni sia arrivata ad avere 13 milioni e mezzo di turisti, ma solo 48mila residenti permanenti. Ha ricordato poi che “vivere nei centri storici significa vivere la città e la storia in prima persona ed è quindi necessario tutelare anche la dimensione cognitiva del patrimonio urbano”.

Infine, Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, ha chiuso l’incontro lanciando uno spunto di riflessione: “Bisogna avere un’idea di futuro: che tipo di città vogliamo? Le città non sono solo spazi fisici: sono comunità di persone, custodi di cultura e motori di innovazione. L’Agenda 2030 ci indica la rotta, ma servono strumenti concreti e una governance all’altezza delle sfide. La buona notizia è che molti Comuni stanno agendo in autonomia ma serve una regia nazionale capace di armonizzare gli sforzi locali”.

 

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