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“Lavoro è libertà, dignità, autonomia. Serve vera alleanza sociale per riaffermarne il valore e fermare quotidiana scia di sangue” – FIRST CISL


“Grazie di essere qui, di essere arrivati in tanti a Casteldaccia in questo Primo Maggio per vivere insieme la Festa del Lavoro. Per affermare la sua forza e il suo valore”. Con queste parole la Segretaria generale della Cisl, Daniela Fumarola, conclude la giornata del Primo Maggio nella piazza di Casteldaccia, paese in provincia di Palermo, dove il 6 maggio 2024 morirono cinque operai rimasti intrappolati in una vasca interrata dell’impianto di sollevamento delle acque reflue dell’Azienda municipale acquedotti mentre stavano eseguendo dei lavori di manutenzione nella struttura.

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Il lavoro è libertà, è dignità, è autonomia. Per chi lo svolge è realizzazione e completamento di sé e della propria famiglia. Per chi ha dedicato la propria vita e ora è in pensione, è soddisfazione per quel che si è fatto. Per chi il lavoro lo cerca, è un’opportunità. Il lavoro con il suo valore fondativo e unificante, tra le persone, tra le generazioni, tra aree geografiche, tra italiani e migranti. Ne siamo consapevoli: il cammino per far sì che tutto questo sia, non solo verità, ma realtà, richiede impegno, un impegno comune.

L’impegno, come è scritto nel messaggio della Cei proprio per questo Primo Maggio, che può venire da una vera e propria “alleanza sociale”. Alleanza che inizia dal rispetto della vita e della salute delle lavoratrici e dei lavoratori. Ogni anno continuano ad esserci più di mille vittime nel nostro Paese, tre al giorno. Sono vite spezzate, sogni infranti, famiglie distrutte. Tutto perduto per sempre, come è stato per Epifanio, per Giuseppe, per Ignazio, per Roberto, per Giuseppe, quel maledetto 6 maggio di un anno fa, proprio qui a Casteldaccia. Ma solo l’anno scorso è successo anche all’Esselunga di Firenze, alla centrale Enel di Suviana, al deposito Eni di Calenzano e tanti, tanti altri, ad unire i punti, in una mappa geografica d’Italia in cui ogni giorno si consuma una tragedia, si allunga una scia di sangue che attraversa cantieri, fabbriche, campi, strade.

Questa vergogna deve finire. Lo ha ribadito due giorni fa il Presidente Mattarella, il nostro Presidente, denunciando l’intollerabile indifferenza che circonda le morti sul lavoro. Grazie Presidente! Grazie per aver ricordato che il Paese deve unirsi su questa battaglia, per aver riaffermato che il confronto e il dialogo con le parti sociali è la via maestra del progresso e dei grandi passaggi epocali nel nostro Paese. Su questo serve piena consapevolezza, serve la volontà di dare risposte concrete.

“Quella della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro è un’emergenza nazionale e come tale va affrontata. Passi avanti, negli ultimi tempi, ne sono stati fatti: la patente a crediti, l’aumento del numero degli ispettori, l’utilizzo dell’avanzo Inail, ma bisogna farne tanti altri ancora. E serve farli coinvolgendo sindacati e associazioni datoriali, definendo finalmente una chiara strategia nazionale, costruendo insieme affidamenti e impegni.
Durante i mesi più neri del Covid abbiamo siglato intese importanti, che sono state assimilate dalla legge, stabilendo un principio fondamentale: il luogo di lavoro deve essere il più sicuro per la persona. Dobbiamo tornare al quel metodo, a quel principio mettendo in campo azioni coerenti e concertate. Chiediamo insieme più prevenzione e formazione, più ispezioni e controlli – anche attraverso l’Intelligenza Artificiale – strette penali contro lavoro nero e sfruttamento, più poteri ai rappresentanti dei lavoratori in azienda, maggiori incentivi per le imprese che investono in innovazione e sicurezza.

E c’è da fare un grande salto culturale. È tempo che i programmi scolastici affrontino di più questi temi, perché i ragazzi di oggi, saranno i lavoratori, gli imprenditori e i professionisti di domani. Difendere la vita sul lavoro e insieme creare e offrire lavoro, per difendere la vita e renderla degna di essere vissuta, per ogni persona.

 

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È importante che il Governo ci abbia convocato l’8 maggio e che la premier Meloni abbia detto che bisogna costruire un’alleanza tra istituzioni e parti sociali sulla sicurezza e la dignità del lavoro (video). Bene, questa alleanza deve strutturarsi in un Patto della Responsabilità: per affrontare una bruciante questione salariale. Per aumentare la produttività e redistribuirla, attraverso una buona contrattazione, su buste paga più pesanti e orari più leggeri. Per nuove tutele universali che garantiscano sostegno al reddito e percorsi di orientamento, riqualificazione e apprendimento a chi lavora, a chi cambia lavoro e a chi il lavoro lo cerca. Per il diritto alla formazione permanente, decisiva di fronte alle grandi transizioni. Per una “buona flessibilità” che permetta di conciliare in modo efficace tempi di vita e di lavoro.

Per abbattere le barriere che impediscono a tanti giovani di accedere alla buona occupazione e costringono ancora troppe, troppe donne a scegliere tra lavoro e famiglia. Per combattere ogni forma di sfruttamento: caporalato, illegalità, superando la logica perversa del massimo ribasso negli appalti e nei subappalti, contrastando falsa autonomia e precarietà cronica. Per garantire lavoro dignitoso a chi arriva nel nostro Paese in cerca di speranza e futuro.

Un nuovo umanesimo del lavoro, questo serve. Contro il lavoro disumanizzato, che schiaccia e spinge alla corsa febbrile per produrre più in fretta e ad ogni costo. Per un lavoro che sia speranza e sia costruzione partecipe del bene comune. Questo è l’orizzonte verso cui procedere, facendo tesoro della testimonianza e dell’insegnamento di Papa Francesco che ha esortato tutti noi a “pensare e progettare insieme il lavoro, senza contrapposizioni ideologiche e senza isolamenti sterili”. “Non la logica delle tifoserie – ha detto – ma quella della collaborazione, solo quella porterà frutto”.

Insieme”; la parola chiave è questa. È questo l’unico modo per riuscire: collaborare, lavorare insieme per raccogliere frutti attraverso nuove relazioni sociali e industriali partecipative, attraverso l’inveramento dell’articolo 46 della Costituzione. Verso il futuro, verso un modello forte e compiuto di democrazia economica, con i lavoratori, con le lavoratrici ad avere voce e peso nelle decisioni strategiche dell’azienda, coinvolti nella condivisione degli utili. C’è un destino comune da costruire.

Viviamo un tempo di cambiamenti e profonda insicurezza. Un cambio d’epoca in cui tutti dobbiamo essere consapevoli che nessuno si salva da solo. Vale per l’Europa, chiamata a rispondere nell’unità al vero e proprio sconvolgimento dell’assetto globale. Un assetto messo sotto attacco dal ritorno a vecchie e pericolosissime logiche di potenza. Prima con la guerra in armi dell’autocrazia russa contro l’Ucraina e i nostri valori liberali e democratici. Ed ora dal pericolo di una folle guerra commerciale che rischia di minare la tenuta sociale ed economica delle nostre comunità. L’Europa deve rispondere unita, accelerando il processo di integrazione sociale, istituzionale, progettando e realizzando una diplomazia e anche una difesa comune, difesa della democrazia, difesa della libertà, difesa del diritto internazionale e dell’autodeterminazione dei popoli contro l’imperialismo di chi vorrebbe spostare i confini dell’Europa con i carri armati. I nostri Padri Costituenti, i nostri partigiani, ci hanno insegnato che la democrazia si conquista e si difende ogni giorno.

Il Presidente Mattarella lo ha ricordato in modo esemplare in occasione degli 80 anni della Liberazione. “La libertà delle diverse Patrie – ha detto, indicando l’importanza della Resistenza – è divenuta la liberazione dell’Europa da chi pretendeva di sottometterla”. Ieri il nazifascismo, oggi Putin. Noi non ci sottometteremo. Serve una pace giusta per Kiev, che non può essere umiliazione di un popolo invaso. Serve pace a Gaza, con un cessate il fuoco che dia spazio e speranza a un negoziato vero, tra le parti democratiche, verso l’obiettivo dei due Stati per due Popoli.

L’Europa deve essere dentro queste dinamiche, deve svegliarsi e ritrovarsi nella coscienza di un destino comune. Dobbiamo superare le sabbie mobili del Patto di stabilità e dare continuità agli strumenti di coesione attivati negli anni della pandemia. L’Italia deve essere protagonista di questo cambiamento, ma prima ancora deve essere capace di uscire da un quadro economico incerto, con stime di crescita al ribasso, con un sistema industriale che fatica, con le esportazioni nazionali a fare i conti con i dazi. Un Paese che attende da vent’anni riforme in grado di sciogliere troppi nodi strutturali che rallentano lo sviluppo e feriscono la coesione sociale.

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Non riusciremo senza un’intesa che impegni istituzioni, forze politiche, parti sociali responsabili, su obiettivi comuni. Pensioni più alte, inclusive, flessibili, soprattutto per giovani e donne. Una riforma fiscale redistributiva, per riequilibrare il sistema a favore di lavoratori e pensionati e ridurre il peso sul ceto medio. Con una lotta determinata all’evasione. Una nuova politica dei redditi, per difendere il potere d’acquisto di salari e pensioni e contrastare la speculazione. Una nuova politica industriale, che si occupi delle vertenze e abbia visione, per governare questa complessa stagione di transizione. Il pieno utilizzo delle risorse del Pnrr, con una governance pienamente partecipata, perché ci sono criticità da risolvere e occasioni che non possono essere sprecate. A cominciare dai ritardi da colmare nel campo delle infrastrutture, per colpa di decenni dominati dalle ideologie del ‘no’. E ancora, è una priorità, destinare ulteriori risorse per le politiche sociali, per la non autosufficienza, per il rilancio di sanità, scuola e pubblico impiego, per non disperdere i recenti segnali incoraggianti del Mezzogiorno e liberarne le potenzialità.

“Noi crediamo che per tutto questo vada aperta una nuova stagione di innovazioni condivise, nel segno della contrattazione, della concertazione, della partecipazione dei lavoratori alla vita e gli utili d’impresa. Partecipazione come antidoto alla frammentazione, alla sfiducia, a un individualismo che isola e impoverisce, come elemento di attivazione dal basso per la coesione e l’unità nazionale.

“È per questo che abbiamo proposto e proponiamo un ‘Patto per il futuro’. Solo così, rimetteremo in cammino l’Italia verso una prospettiva nuova. Noi ci siamo e ci saremo. Per il bene dei lavoratori e dei pensionati di questo Paese. Per il domani dell’Italia e dell’Europa. Viva la Festa del Lavoro. Viva il sindacato!”

 



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