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tra realismo e innovazione, la visione di SLB


Dalle sfide della decarbonizzazione dell’oil & gas alle prospettive dell’idrogeno verde, passando per la geotermia avanzata e l’estrazione sostenibile del litio: Reza Shahbaz, Managing Director Europe South di SLB, racconta come l’innovazione tecnologica può accelerare la transizione energetica

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Le tecnologie per la produzione di idrogeno pulito è uno dei settori chiave per la transizione energetica in cui SLB è attiva. Crediti: SLB

Soluzioni tecnologiche per guidare la transizione energetica, un giro d’orizzonte con SLB

Dalla carbon capture alla geotermia di nuova generazione, passando per l’idrogeno verde e l’estrazione sostenibile di litio: la transizione energetica non è solo una sfida tecnologica, ma anche una corsa contro il tempo.

Rinnovabili ne ha parlato con Reza Shahbaz, Managing Director Europe South di SLB, azienda globale specializzata in tecnologie e servizi per l’energia. SLB è oggi in prima linea nello sviluppo di sistemi energetici innovativi, con l’obiettivo dichiarato di contribuire a costruire un mix energetico più equilibrato, sostenibile e orientato alla neutralità climatica.

Qual è la sua visione sul ruolo dell’oil & gas nella transizione energetica? Come si possono conciliare queste fonti fossili con gli obiettivi climatici internazionali?

Credo che sia importante partire da cosa intendiamo per transizione energetica. È un processo complesso che non implica semplicemente abbandonare i combustibili fossili, ma trasformare il modo in cui vengono prodotti e utilizzati, riducendone l’impatto. È evidente che l’oil & gas continuerà ad avere un ruolo centrale nel mix energetico per diversi anni, soprattutto per garantire sicurezza e accessibilità dell’energia.

Reza Shahbaz, Managing Director Europe South di SLB

La chiave sta nella decarbonizzazione del settore. Tecnologie come la Carbon Capture and Storage (CCS), la digitalizzazione dei processi e l’elettrificazione delle operazioni sono strumenti fondamentali per ridurre le emissioni. Anche in Italia, dove il mix energetico è ancora dominato da petrolio e gas (e, sorprendentemente, anche da carbone), dobbiamo lavorare per trasformare l’utilizzo di queste fonti, non semplicemente eliminarle da un giorno all’altro.

 

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Molti studiosi contestano però l’idea del gas come fonte di transizione, sostenendo che possa diventare un ostacolo al cambiamento per ragioni economiche. Come risponde a queste critiche?

Il gas non deve essere visto come una scelta di lungo termine, ma come uno strumento di transizione. In questo viaggio verso un futuro a basse emissioni, il gas può ridurre significativamente l’impatto ambientale. In Italia, ad esempio, abbiamo bisogno di gas per garantire una transizione graduale: in molte città — come a Milano — già oggi non è più possibile utilizzare il gas per il riscaldamento nei nuovi edifici. Ma la domanda resta. Dobbiamo essere realistici: non possiamo cambiare tutto dall’oggi al domani.

SLB è coinvolta in numerosi progetti CCS. Quali sono le principali sfide che vede nell’implementazione su larga scala di questa tecnologia in Europa?

La CCS è essenziale per decarbonizzare i settori industriali “hard to abate”, come quello del cemento. Tuttavia, restano diversi ostacoli: ottenere i permessi per i siti di stoccaggio, costruire infrastrutture di trasporto della CO2 e definire modelli di business sostenibili. La CO2 non è una commodity come petrolio, gas o idrogeno — non ha un prezzo di mercato, nessuno la compra — e questo rende tutto più complicato.

Con la joint venture SLB-Capturi, siamo presenti su tutta la catena della CCS: dalla cattura al trasporto, fino al monitoraggio e verifica (MMV). È un mercato nuovo per tutti, pieno di incognite. Ad esempio, l’elevata concentrazione di CO2 richiede materiali altamente resistenti che devono durare decenni, e questo ha un costo. Serve trovare un equilibrio tra sostenibilità economica e ambientale.

Quali tecnologie specifiche state sviluppando in questo ambito?

Lavoriamo su diversi fronti. Per la cattura, offriamo soluzioni modulari — piccole, medie, grandi — e anche tecnologie mobili. Sul trasporto, sviluppiamo sistemi di pompaggio e infrastrutture midstream. È un ecosistema tecnico molto articolato.

Crediti: SLB

Parliamo ora di geotermia. Quali opportunità vede per questa tecnologia nel Sud Europa, e in particolare in Italia?

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La geotermia ha un potenziale enorme, soprattutto in paesi come Italia, Croazia e Grecia. L’Italia ha una lunga tradizione nel settore, in particolare in Toscana, dove la si sfrutta da oltre 120 anni. Il potenziale installato oggi è di circa 944 MW, ma potrebbe superare i 2000 MW: il doppio.

SLB offre servizi sia per la geotermia ad alta entalpia, utile alla produzione elettrica, sia per i pozzi meno profondi, destinati al teleriscaldamento. Con Celsius Energy, nostra divisione, stiamo sviluppando soluzioni per edifici alimentati da geoenergia. In Trentino-Alto Adige, ad esempio, abbiamo avviato pochi mesi fa il nostro primo progetto di geoenergia in Italia.

Condivide la previsione dell’IEA secondo cui la geotermia potrebbe coprire il 15% della domanda globale di elettricità entro il 2050?

È una stima ambiziosa, ma non impossibile. Servono investimenti in innovazione, finanziamenti stabili e una forte semplificazione normativa. Un elemento di svolta potrebbe essere l’Advanced Geothermal System (AGS), attualmente in fase di sperimentazione in Germania. Se funzionerà, potrebbe rivoluzionare il settore, permettendo di sfruttare la geotermia in contesti oggi inaccessibili.

SLB ha recentemente sviluppato un metodo per l’estrazione diretta del litio geotermico. Di cosa si tratta?

È una tecnologia chiamata Direct Lithium Extraction (DLE), che consente di estrarre litio direttamente dalle salamoie geotermiche, riducendo il consumo d’acqua, l’impatto ambientale e i tempi di produzione. In Nevada, dove è già in funzione un impianto dimostrativo, siamo riusciti a catturare fino all’85-90% del litio presente, contro il 35-40% dei metodi convenzionali.

Crediti: SLB

Avete in programma di applicarla anche in Europa?

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Sì, la tecnologia è scalabile e modulabile, quindi potenzialmente applicabile anche in Europa. Siamo già coinvolti in progetti in Francia (con Lithium de France), in Germania (con Vulcan Energy) e nel Regno Unito (con Cornish Lithium). In Italia non abbiamo ancora progetti attivi, ma ci auguriamo di avviarne in futuro.

Passiamo all’idrogeno, un altro pilastro della transizione. Su cosa si concentra l’impegno di SLB in questo ambito?

Stiamo lavorando su diverse tecnologie per la produzione di idrogeno verde. Il nodo principale non è solo la produzione, ma l’efficienza: oggi si spendono più calorie di energia per produrre idrogeno di quante se ne ottengano. È fondamentale migliorare il rendimento. A Cambridge, ad esempio, alcuni ricercatori stanno sviluppando metodi innovativi per aumentare la percentuale di cattura di idrogeno.

In Germania del Nord stiamo contribuendo a un progetto che riconverte ex-aree oil & gas in impianti per idrogeno verde alimentati da energia eolica. Nel Sud Europa, invece, il potenziale è enorme grazie alla grande disponibilità di solare e altre rinnovabili. Noi possiamo offrire soluzioni per abbattere i costi e accelerare la scalabilità.

Crediti: SLB

Ritiene realistico l’obiettivo europeo di produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno locale entro il 2030?

È un traguardo ambizioso. I numeri attuali indicano che siamo indietro. Tuttavia, si stanno sviluppando progetti importanti, come il gasdotto dal Nord Africa, lo stoccaggio in Italia gestito da Snam e i nuovi hub in Germania. SLB è pronta a supportare questi processi lungo tutta la filiera dell’idrogeno.

 

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Il costo dell’idrogeno resta però un ostacolo. Dove bisogna intervenire per renderlo competitivo?

Il punto cruciale resta l’efficienza. Se oggi per ottenere 10 unità di energia da idrogeno ne servono 12, c’è un evidente squilibrio. Migliorare la fase di cattura e produzione è decisivo. Le altre fasi — trasporto, stoccaggio — sono più gestibili perché simili a quelle già consolidate per gas e CO2. Ma senza efficienza nella produzione, l’idrogeno verde resterà troppo costoso per competere in Europa.



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