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Aziende: una su quattro si impegna per il clima nonostante il freno delle associazioni industriali


Nel 2025 è arrivato al 23% il numero di aziende europee in linea con l’obiettivo di limitare il riscaldamento atmosferico a 1,5 ºC, rispetto al 2019 quando, nel momento del lancio del Green Deal dell’UE, lo era solo il 3% delle imprese. Nel complesso, il 52% mostra ora un impegno nelle politiche climatiche allineato o parzialmente allineato con la scienza, dichiarando il proprio sostegno all’agenda del Green Deal (rispetto al 24% registrato all’inizio del ciclo legislativo del 2019). Inoltre, la percentuale di aziende che si oppongono a percorsi validati dalla scienza per contenere le emissioni di CO2 e non superare la soglia critica dell’Accordo di Parigi, è scesa dal 34% al 13% in questi ultimi sei anni. È quanto rivela un’analisi del think thank no profit InfluenceMap da cui emerge un cambiamento negli atteggiamenti delle imprese dell’Unione Europea nei confronti delle politiche climatiche nonostante, secondo quanto evidenzia il report, le narrazioni promosse da alcune associazioni industriali, anche prima delle elezioni del Parlamento Europeo del 2024, che descrivono la competitività industriale europea in conflitto con le politiche climatiche ambiziose dell’UE. Tale approccio, sostiene il think thank, sembra tuttavia aver avuto una notevole influenza sull’agenda della Commissione Europea per il periodo 2024–2029.

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Lo studio ha analizzato la politica climatica sostenuta da 200 tra le più grandi aziende europee e da 80 associazioni industriali, monitorate dalla piattaforma Lobbymap, e mette in evidenza l’impatto dell’attività di lobbying climatico da parte di associazioni di categoria che rappresentano settori come chimica, edilizia e automotive a livello europeo, oltre ad associazioni intersettoriali che tutelano gli interessi imprenditoriali in specifici Stati membri come Confindustria in Italia, BDI in Germania e MEDEF in Francia. Il documento sottolinea che le argomentazioni anti-climatiche e pro competitività portate avanti da tali associazioni di categoria risultano incoerenti con le analisi del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), così come con le diagnosi e soluzioni delineate nel Rapporto Draghi del 2024 sul rafforzamento della competitività industriale europea. Inoltre, esse si pongono in contrasto con le attività di advocacy di un numero crescente di aziende leader europee nelle politiche climatiche, attive in settori come l’energia, l’industria e i beni di consumo.

“Sondaggi recenti mostrano che i leader aziendali sostengono in larga maggioranza una rapida transizione verso le energie rinnovabili. Ora, questa ricerca di InfluenceMap rivela che le aziende stanno agendo in base a quella direzione strategica, trattando l’azione per il clima come un elemento rilevante per il proprio business” ha dichiarato Dominic Gogol, Direttore delle Politiche, We Mean Business Coalition, “Non si tratta di una preoccupazione di una minoranza, ma di una parte sempre più significativa del settore aziendale che utilizza un impegno politico allineato alla scienza come strumento per tutelare gli investimenti strategici nella transizione energetica. Spetta al resto del mondo imprenditoriale e finanziario prendere atto di queste tendenze positive. Il messaggio è chiaro: ridurre le emissioni rappresenta una via per migliorare l’efficienza operativa, aumentare la resilienza e ridurre i rischi. Le aziende devono adottare misure proattive per garantire che la loro attività di lobbying e le appartenenze associative sostengano, e non ostacolino, i loro obiettivi aziendali”.

I risultati dell’indagine

Come anticipato, la quota di aziende che mostrano un impegno pienamente o parzialmente allineato ai percorsi per limitare il riscaldamento atmosferisco a 1,5 ºC è aumentata dal 24% al 52% tra il 2019 e il 2025. Mentre la percentuale di aziende che adottano posizioni in contrasto con l’obiettivo di 1,5 ºC nelle politiche climatiche è invece diminuita significativamente, passando dal 34% al 13%.

L’uso di un’advocacy dettagliata e positiva sulle politiche climatiche da parte di una porzione sempre più consistente del settore imprenditoriale riflette probabilmente la natura a lungo termine dei cicli di investimento aziendale, che non sono facilmente influenzabili da sviluppi politici di breve termine. I risultati dello studio sono coerenti, sottolinea InfluenceMap, con una recente indagine pubblicata ad aprile 2025, Global Business Poll: Powering Up di Beyond Fossil Fuels, E3G e We Mean Business Coalition, secondo cui il 97% dei dirigenti aziendali sostiene la transizione dai combustibili fossili a un sistema elettrico basato sulle rinnovabili. Le aziende intervistate hanno sottolineato che l’accesso all’elettricità da fonti rinnovabili è un fattore chiave nelle decisioni di investimento a lungo termine e nella valutazione della competitività dei territori in cui stabilire le proprie operazioni lungo la catena di fornitura.

L’analisi di InfluenceMap evidenzia come, sebbene anche le associazioni industriali europee abbiano mostrato miglioramenti costanti nelle loro posizioni sulle politiche climatiche tra il 2019 e il 2025, con una crescita degli allineati dal 2% al 12%, il ritmo del cambiamento non sembra corrispondere alla trasformazione più profonda osservata tra le aziende europee valutate. Questo nonostante il ruolo primario delle associazioni di rappresentare le imprese stesse. L’indagine, dichiara il think thank, “solleva preoccupazioni persistenti circa l’effetto del ‘minimo comune denominatore‘, per cui le associazioni finiscono per rappresentare solo le posizioni della piccola parte dei loro membri che si oppone più fortemente e negativamente alle proposte normative per affrontare il cambiamento climatico”.

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La ricerca evidenzia infatti che le associazioni industriali che rappresentano settori ad alta intensità energetica e i trasporti continuano a mostrare un’elevata resistenza alle politiche climatiche scientificamente fondate nella regione. Questa tendenza è presente anche tra importanti associazioni intersettoriali a livello UE, come BusinessEurope, e tra quelle che rappresentano gli stati membri, tra cui la MEDEF (Francia), la CEOE (Spagna), Confindustria (Italia) e la BDI (Germania). Questo nonostante tali organizzazioni nazionali dichiarino di rappresentare l’insieme dei settori e delle imprese, che, secondo l’analisi di InfluenceMap, mostrano posizioni più favorevoli alle politiche climatiche.

In particolare, il think thank ha analizzato le narrazioni specifiche promosse dalle associazioni industriali nel loro impegno relativo alle politiche sul clima durante la propaganda delle elezioni del Parlamento UE 2024–2029. L’analisi dei ‘manifesti’ pre-elettorali 2024 di un gruppo di associazioni particolarmente attive ha rivelato che questi gruppi fanno spesso leva sulle preoccupazioni legate alla competitività internazionale delle imprese per ostacolare l’avanzamento delle politiche climatiche. In parallelo, promuovono l’inserimento di un linguaggio normativo vago e preferiscono approcci basati su incentivi (carrot) rispetto a strumenti regolatori vincolanti (stick) per stimolare il cambiamento. Tali argomentazioni risultano incoerenti, e talvolta apertamente contrarie, alle raccomandazioni dell’IPCC e del Rapporto Draghi 2024.

Entrando nel dettaglio, Influence Map cita il manifesto per il mandato legislativo dell’UE 2024–2029, pubblicato nel luglio 2023, dal Consiglio Europeo dell’Industria Chimica (Cefic) dove ha dichiarato che le “proposte legislative eccessivamente dettagliate” stanno influenzando negativamente la competitività internazionale delle imprese, insieme alla crisi energetica. Secondo Cefic, un tale contesto normativo starebbe rallentando la transizione verso la neutralità climatica e creando un clima sfavorevole per gli investimenti in Europa.

Il think tank tira in ballo anche Confindustria, che nel febbraio 2024, ha dichiarato di supportare un approccio “tecnologicamente neutrale” nelle politiche dell’UE per decarbonizzare i trasporti e ha richiesto una riduzione dei requisiti del CBAM nel Clean Industrial Deal. La scelta univoca dell’elettrificazione dei trasporti, rispetto ad altre soluzioni tecnologiche per la decarbonizzazione del settore, rimane una decisione che attrae opinioni divergenti.

Attualmente, BusinessEurope e Associazione Europea dell’Acciaio (Eurofer) stanno chiedendo di “semplificare” l’EU ETS, il Critical Raw Materials Act, il Packaging and Packaging Waste Regulation, e il Net-Zero Industry Act.

A fronte di un gruppo di associazioni più scettiche, il database di LobbyMap mostra che stanno emergendo gruppi imprenditoriali favorevoli a politiche climatiche allineate alla scienza come il Corporate Leaders Group (CLG), SolarPower Europe, Eurelectric e WindEurope.



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